La definizione minima di intelligenza

Posted: Maggio 29th, 2020 | Author: | Filed under: General | Commenti disabilitati su La definizione minima di intelligenza

Pubblichiamo la traduzione di questo testo di introduzione alla teoria di sé (self-theory) del collettivo “For Ourselves” per dare maggior visibilità a questo pensiero in lingua italiana. Sicuramente la teoria di sé ha fatto il suo corso, e questo testo ha ormai più di quarant’anni, ma crediamo che il modo di porsi rispetto al mondo illustrato in queste pagine possa portare alla nascita di nuove prospettive individuali.

Introduzione

Questo testo è per quelle persone che sono insoddisfatte della loro vita. Se siete felici della vostra attuale esistenza, non abbiamo nulla da dirvi. Tuttavia, se sei stanco di aspettare un cambiamento nella tua vita…

Stanco di aspettare una comunità autentica, amore e avventura…
Stanco di aspettare la fine del denaro e del lavoro obbligatorio…
Stanco di cercare nuovi passatempi per passare il tempo…
Stanco di aspettare un’abbondante, ricca esistenza…
Stanco di aspettare una situazione dove possano realizzarsi tutti i vostri desideri…
Stanco di aspettare la fine di tutte le autorità, alienazioni, ideologie e moralità…

…allora crediamo che troverai molto utile quanto segue

I

Uno dei grandi segreti della nostra miserabile, ma potenzialmente meravigliosa, epoca è che pensare può essere un piacere. Questo è un manuale per sviluppare una teoria di sé. Costruire la propria teoria di sé è un piacere rivoluzionario, il piacere di costruire la teoria rivoluzionaria di sé stessi.

Costruire una teoria di sé è un piacere distruttivo/costruttivo, perché si sta creando una teoria pratica per la trasformazione distruttiva/costruttiva di questa società.

La teoria di sé è teoria dell’avventura. E’ erotica e divertente come un’autentica rivoluzione.
L’alienazione che si prova dopo aver lasciato pensare al posto proprio le ideologie del nostro tempo, può far scaturire una ricerca per la negazione dell’alienazione stessa: pensare per sé stessi. E’ il piacere di formare da sé la propria mente.

La teoria di sé è il corpo del pensiero critico che costruisci a tuo uso personale. La sviluppi e la usi quando fai un’analisi del perché la tua vita è così com’è, perché il mondo è così com’è (inoltre ‘pensare’ e ‘sentire’ sono inseparabili, poiché il pensiero nasce dall’esperienza soggettiva ed emotiva).
Tu costruisci la tua teoria quando ne sviluppi una pratica – una teoria che permette di prenderti ciò che desideri per la tua vita.

La teoria sarà pratica – una pratica rivoluzionaria – o non sarà nulla… Nulla, se non un acquario di idee, un’interpretazione contemplativa del mondo. Il regno delle idee è l’eterna sala d’attesa dei sogni irrealizzati.

Coloro che suppongono (spesso inconsapevolmente) l’impossibilità di realizzare i desideri della propria vita, quindi lottare per sé stessi, di solito finiscono per lottare per un ideale o una causa (come l’illusione delle attività indipendenti e delle pratiche autonome). Chi riconosce in questo l’accettazione dell’alienazione saprà adesso che tutti gli ideali e le cause sono ideologie.

II

Qualunque sistema di idee strutturato con un’astrazione al centro – assegnando un ruolo o un dovere a te per il suo bene – è un’ideologia. Un’ideologia è un sistema di falsa consapevolezza dove tu non rappresenti più un soggetto nella tua relazione con il mondo.

Le varie forme di un’ideologia sono tutte strutturate attorno a diverse astrazioni, che tuttavia servono tutte agli interessi di una classe dominante (o che aspira a diventarlo) dandoti uno scopo sensato per il tuo sacrificio, sofferenza e sottomissione.

Le ideologie religiose sono gli esempi più vecchi, la fantastica proiezione chiamata ‘Dio’ è Il Soggetto Supremo del cosmo, che agisce su ogni essere umano come ‘Suo’ soggetto.

Nelle ideologie ‘scientifiche’ e ‘democratiche’ dell’industria borghese, l’investimento è il soggetto ‘produttivo’ che dirige la storia del mondo – la ‘mano invisibile’ guida lo sviluppo dell’uomo. I borghesi devono attaccare e indebolire il potere che era una volta posseduto dall’ideologia religiosa. Hanno esposto la mistificazione del mondo religioso tramite la sua investigazione scientifica, espandendo il reame delle cose e dei metodi in modo tale da ricavarci un profitto.

I vari tipi di Leninismo sono ideologie ‘rivoluzionarie’ dove il Partito è il soggetto legittimato a dettare la storia del mondo, conducendo il suo oggetto – il proletariato – all’obiettivo di rimpiazzare l’apparato borghese con uno Leninista.

Altre forme delle ideologie dominanti possono essere viste tutti i giorni. L’ascesa di nuovi religiosismi servono in modo velato la struttura dominante delle relazioni sociali. Forniscono una figura chiara che può oscurare il vuoto della vita quotidiana e, come le droghe, rende più semplice conviverci. Volontarismo (datti da fare) e determinismo (vedrai che alla fine funziona) ci impediscono di riconoscere il nostro vero posto nel funzionamento del mondo. Nell’ideologia d’avanguardia è la novità in sé (e di sé) che conta. Nel survivalismo, la soggettività è trattenuta dalla paura attraverso l’invocazione dell’immagine di una catastrofe mondiale incombente.

Accettando le ideologie accettiamo anche l’inversione di soggetto e oggetto; le cose prendono il sopravvento sulla potenza e la volontà umana, mentre gli esseri umani hanno il loro posto solo come cose. L’ideologia è una teoria sotto-sopra. Accettiamo inoltre la separazione tra la più stretta realtà della nostra vita quotidiana e l’immagine della totalità del mondo che è fuori dalla nostra portata. L’ideologia ci offre solo un rapporto di osservazione con la totalità.

In questa separazione e accettazione del sacrificio per la causa, ogni ideologia serve a proteggere l’ordine sociale dominante. Autorità il cui potere dipende da tale separazione negano la nostra soggettività in modo tale da permettere la loro sopravvivenza. Questa negazione arriva sotto forma di richiesta di sacrificarsi per “il bene comune”, “l’interesse della nazione”, “lo sforzo bellico”, “la rivoluzione”…

III

Ci sbarazziamo dei paraocchi della ideologia chiedendoci costantemente… Come mi sento?

Mi sto divertendo?
Com’è la mia vita?
Sto ottenendo ciò che voglio?
Perché no?
Cosa mi trattiene dall’ottenere ciò che voglio?

Questo significa essere consapevole dell’ordinario, consapevole della propria routine quotidiana. Quella Vita di Tutti i Giorni – vita reale – esiste, è un segreto pubblico che diventa ogni giorno meno segreto, mentre la miseria della vita quotidiana diventa sempre più visibile.

IV

La costruzione della teoria di sé è basata sul pensare da te, sull’essere completamente conscio dei tuoi desideri e della loro validità. E’ la costruzione di una soggettività radicale.

Un’autentica “presa di coscienza” può essere solo “l’innalzamento” del pensiero delle persone fino ad un livello di una personale presa di coscienza positiva (quindi non colpevolizzata): sviluppando così la loro soggettività, libera da ideologie e moralità imposte in qualsiasi loro forma.

L’essenza di ciò che alcuni esponenti della sinistra, terapeuti e razzisti chiamano ‘presa di coscienza’ è solo la loro pratica di picchiare le persone con i loro manganelli fino all’incoscienza.

Il percorso dall’ideologia (negazione di sé) alla soggettività radicale (affermazione di sé) passa dal Punto Zero, la capitale del nichilismo. Questo è lo sconvolgente punto cruciale nello spazio e nel tempo di ognuno… il limbo sociale dove ognuno riconosce che il presente è privo di vita; non c’è nessuna vita nell’esistenza del singolo. Un nichilista conosce la differenza tra vivere e sopravvivere.

I nichilisti attuano un’inversione di prospettiva sulla loro vita e sul mondo. Niente è vero, se non i loro desideri, la loro voglia di essere. Rifiutano tutte le ideologie nel loro odio per le miserabili relazioni sociali nella moderna società capitalista globale. Da questa prospettiva rovesciata, possono vedere con nuova chiarezza il mondo sottosopra della reificazione (l’atto di convertire persone, concetti astratti etc. in cose, come nel caso delle merci), l’inversione di soggetto e oggetto, di astratto e concreto. Questo è il palco scenico della merce feticizzata, delle proiezioni mentali, delle separazioni e delle ideologie: arte, Dio, urbanistica, etica, pulsanti sorridenti, stazioni radio che dicono che ti amano e detergenti che si prendono cura delle tue mani.

Conversazioni quotidiane che offrono sedativi come: “non puoi sempre avere quello che vuoi”, “la vita ha i suoi alti e bassi”, e altri dogmi della religione laica della sopravvivenza, il ‘senso comune’ è solo il delirio dell’alienazione comune, ogni giorno viene negata alle persone la vita autentica e gli viene venduta la sua rappresentazione.

I nichilisti sentono costantemente il bisogno di distruggere il sistema che li distrugge ogni giorno. Non possono andare in giro così, hanno il cervello in fiamme. Presto si scontreranno con il fatto di dover trovare una serie di tattiche coerenti che abbiano un effetto pratico sul mondo.

Ma se un nichilista non conosce la possibilità storica di trasformare il mondo, la sua rabbia soggettiva solidifica il suo ruolo: il suicida, il killer solitario, il vandalo di strada, il paziente psichiatrico di professione… tutti alla ricerca di una compensazione ad una vita di tempi morti.

L’errore dei nichilisti è di non accorgersi che ci siano altri nichilisti, e di conseguenza presumono che la comunicazione e la partecipazione comune in un progetto di realizzazione personale è impossibile.

V

Avere un orientamento ‘politico’ verso la propria vita significa sapere che puoi cambiarla solamente cambiando la natura della stessa attraverso la trasformazione del mondo – e che la trasformazione del mondo richiede uno sforzo collettivo.

Questo progetto di auto-realizzazione collettiva può essere propriamente chiamato politica.

Tuttavia, la ‘politica’ è stata mistificata, è diventata una categoria distaccata dalle attività umane. Come tutte le altre separazioni sociali delle attività umane, la ‘politica’ è diventata solo un altro problema da affrontare. Ha addirittura i suoi specialisti – siano essi politici o politicanti. E’ possibile essere interessati (o no) al calcio, nel collezionare francobolli, la musica disco o la moda. Ciò che oggi le persone interpretano come ‘politica’ è la falsificazione sociale del progetto di una auto-realizzazione collettiva – e questo giova molto a chi è al potere.

L’auto-realizzazione collettiva è il progetto rivoluzionario. E’ il sequestro collettivo della totalità della natura e delle relazioni sociali e la loro trasformazione secondo il desiderio consapevole.

Una terapia autentica è cambiare la propria vita cambiando la natura della vita sociale. La terapia deve essere sociale se si vuole avere una reale conseguenza. La terapia sociale (cura sociale) e la terapia individuale (la cura dell’individuo) sono collegate: si richiedono l’un l’altra, l’una è una parte necessaria dell’altra.

Per esempio: nella società dello spettacolo ci si aspetta da ognuno di reprimere i suoi veri sentimenti assumendo un ruolo. Questo si chiama ‘entrare a far parte della società’ (che frase significativa!). Gli individui indossano l’armatura di un personaggio – un indumento come d’acciaio in questo gioco di ruoli che è direttamente legata alla fine del gioco di ruoli sociale.

 

VI

Pensare soggettivamente significa usare la tua vita –
così come è adesso e come vorresti che fosse – al centro del tuo pensiero. Questo accentramento positivo di sé stessi si attua assaltando continuamente l’esterno: tutti i falsi problemi, falsi conflitti, false identità e false dicotomie.

Le persone vengono trattenute dall’analizzare la totalità dell’esistenza quotidiana chiedendo la loro opinione su ogni dettaglio: sciocchezze spettacolari, controversie fasulle e falsi scandali. Sei pro o contro i sindacati, missili da crociera, carte di identità… qual è la tua opinione sulle droghe leggere, jogging, UFO, tassazioni progressive?

Queste sono faccende false. L’unica faccenda per noi è come viviamo.

C’è un vecchio detto Ebraico che dice, “Se hai solo due alternative, allora scegli la terza”. Offre un modo per far sì che il soggetto ricerchi una nuova prospettiva sul problema. Possiamo ritenere falsi entrambe le parti di un falso conflitto scegliendo la nostra ‘terza opzione’ – osservare la situazione da una prospettiva di soggettività radicale.

Essere consci della terza opzione significa rifiutare di scegliere tra due presunte polarità opposte, ma molto simili, che cercano di definirsi come la totalità della situazione. Nella sua forma più semplice, questa consapevolezza è espressa dal lavoratore che, portato a processo per rapina a mano armata, gli viene chiesto “Ti dichiari colpevole o non colpevole?”. “Sono disoccupato”, risponde. Una dimostrazione più teorica, ma comunque classica, si manifesta nel rifiuto di riconoscere le differenze fra le classi dominanti del capitalismo corporative ‘Occidentali’ e quelle del capitalismo di stato ‘Orientali’. Basta guardare le più basilari relazioni di produzione tra USA ed Europa da un lato, e l’Unione Sovietica e la Cina dall’altro, vedremo che sono sostanzialmente la stessa cosa; di là, come qui, la stragrande maggioranza va a lavorare per un salario o uno stipendio in cambio della rinuncia al controllo sia dei mezzi di produzione che di ciò che produce (che gli viene poi rivenduto sotto forma di merce).

Nel caso dell’Occidente il plusvalore (che viene prodotto sfruttando i salari dei lavoratori) è proprietà di direzioni aziendali che mantengono uno spettacolo di competizione domestica. Nell’Oriente è proprietà della burocrazia statale, che non permette una competizione interna, ma si impegna furiosamente a promuovere quella internazionale esattamente come ogni altra nazione capitalista. Grande differenza.

Un esempio di falso problema è quella stupida domanda per fare conversazione “Qual è la tua filosofia di vita?”. Pone un concetto astratto di ‘Vita’ che, nonostante venga usata più volte nella conversazione, non ha nulla a che fare con la vita vera, perché ignora il fatto che ‘vivere’ è ciò che stai facendo in quell’esatto momento.

In assenza di una vera comunità, le persone si aggrappano a tutti i tipi di fasulle identità sociali, che corrispondono al loro ruolo individuale nello Spettacolo (dove le persone contemplano e consumano immagini su cosa è la vita, dimenticando come vivere per sé stessi). Queste identità sociali possono essere etniche (“Italiano”), razziali (“Nero”), organizzative (“Sindacalisti”), residenziali (“Newyorchese”), sessuali (“Gay”), culturali (“Appassionato di sport”) e così via: ma tutte sono radicate in un comune desiderio di affiliazione, di appartenenza.

Ovviamente essere ‘nero’ è molto più reale come identificazione rispetto all’essere un ‘appassionato di sport’, ma oltre un certo punto queste identità servono solamente per mascherare la nostra reale posizione nella società. Di nuovo, l’unico problema per noi è come viviamo. Concretamente, ciò significa capire le ragioni della natura della propria vita in relazione alla società nel suo complesso. Per farlo bisogna scrollarsi di dosso tutte le false identità, le associazioni parziali, e incominciare a mettere sé stessi al centro. Da qui possiamo analizzare le basi materiali della vita, denudata di tutte le sue mistificazioni.

Per esempio: supponiamo che voglia una tazza di caffè dal distributore al lavoro. Prima di tutto, c’è la tazza in sé: che comprende i lavoratori nella piantagione di caffè, quelli nelle piantagioni di zucchero e delle raffinerie, quelli nella fabbrica di carta, e così via. Poi ci sono tutti coloro che hanno lavorato e assemblato le diverse parti del distributore. Poi coloro che hanno estratto il ferro e la bauxite, fuso l’acciaio, chi ha trivellato il petrolio e chi l’ha rifinito. Poi tutti i lavoratori che hanno trasportato i materiali grezzi e le varie parti per tre continenti e due oceani. Poi gli impiegati, i dattilografi e gli addetti alle comunicazioni che coordinano la produzione e il trasporto. Infine ci sono tutti gli operai che producono il necessario per la sopravvivenza degli altri. Questo mi da una diretta relazione materiale con diversi milioni di persone: effettivamente all’immensa maggioranza della popolazione mondiale. Loro producono la mia vita: e io aiuto a produrre la loro. Sotto questa luce, ogni gruppo di identità parziali e di particolari interessi svaniscono nel nulla. Immagina il potenziale arricchimento della propria vita che è attualmente rinchiuso nella frustrata creatività di questi milioni di lavoratori, tenuta a bada da metodi faticosi e obsoleti di produzione, strangolata dall’alienazione, deformata dall’insana motivazione dell’accumulazione di capitale! Qui incominciamo a scoprire la vera identità sociale: nelle persone che in tutto il mondo combattono per riavere indietro le loro vite, troviamo noi stessi.

Ci viene costantemente chiesto di scegliere tra due parti in un falso conflitto. I governi, gli enti di beneficenza e i propagandisti di tutti i tipi hanno a cuore di presentarci delle scelte, che scelte non lo sono affatto (per esempio la Central Electricity Generating Board ha presentato il suo programma nucleare con lo slogan “Era Nucleare o Era Primitiva”. Il CEGB ci vuole far credere che ci sono solo due alternative – abbiamo l’illusione di scegliere, ma finché controllano le scelte che percepiamo come possibili, controllano anche il risultato).

I nuovi moralisti amano dire a coloro che vivono nel ricco occidente come “debbano fare dei sacrifici”, come loro “sfruttino i bambini affamati nel Terzo Mondo”. Le scelte che ci vengono date sono fra un sacrificio altruistico o un individualismo spicciolo. (La carità guadagna su chi si sente in colpa offrendoci una sensazione di aver fatto qualcosa, in cambio di una moneta nel cestino delle offerte.) Certo, vivendo nel ricco occidente sfruttiamo i bambini del Terzo Mondo – ma non personalmente, non deliberatamente. Possiamo fare dei cambiamenti nella nostra vita, boicottare, fare sacrifici, ma gli effetti sarebbero marginali. Ci rendiamo conto del falso conflitto che ci viene presentato e realizziamo che sotto questo sistema sociale globale noi, come individui, siamo relegati al nostro ruolo di ‘sfruttatori’ e gli altri nel loro ruolo globale di ‘sfruttati’. Abbiamo un ruolo nella società, ma possiamo farci poco se non nulla. Rigettiamo la falsa scelta del ‘sacrificio o egoismo’ richiamando la distruzione del sistema sociale globale la cui esistenza forza quella decisione su di noi. Non si tratta di armeggiare con il sistema, di offrire sacrifici simbolici o di chiedere “un po’ meno egoismo”. La carità e i riformatori non escono mai dal terreno della falsa scelta.

Coloro che hanno interesse a mantenere la situazione attuale ci riportano costantemente alle loro false scelte, cioè a qualsiasi scelta che mantenga intatto il loro potere. Con miti del tipo “se condividessimo tutto non ce ne sarebbe abbastanza per tutti”, cercano di negare l’esistenza di qualsiasi altra scelta e di nasconderci il fatto che i presupposti materiali per la rivoluzione sociale esistono già.

VII

Ogni viaggio verso la propria demistificazione deve evitare di impantanarsi in questi due pensieri perduti – assolutismo e cinismo; paludi gemelle che si mimetizzano come prati della soggettività.

L’assolutismo è la totale accettazione o il rifiuto di tutti i componenti di particolari ideologie, spettacoli e reificazioni. Un assolutista non vede altra scelta se non la completa accettazione o rifiuto.

L’assolutista passeggia tra gli scaffali del supermercato ideologico cercando la merce ideale, per poi comprarla e chiuderla in un cassetto. Ma il supermercato ideologico – come ogni supermercato – è fatto per essere saccheggiato. E’ più produttivo per noi muoverci tra gli scaffali, strappare i pacchetti, prendere ciò che sembra utile e buttare il resto.

Il cinismo è una reazione in un mondo dominato da ideologie e moralità. Di fronte ad un conflitto ideologico, il cinico dice: “Siate maledetti entrambi”. Il cinico è un consumatore come l’assolutista, ma ha perso la speranza nel trovare la merce ideale.

VIII

Il processo del pensiero dialettico è costruttivo, un processo di continua sintesi del corpo della teoria di sé con nuove osservazioni e appropriazioni; una risoluzione delle contraddizioni tra il vecchio corpo della teoria con nuovi elementi teorici. La sintesi che ne risulta non è quindi una somma quantitativa del precedente con il nuovo, ma la loro sovrapposizione qualitativa, una nuova totalità.

Questo metodo sintetico/dialettico della costruzione di una teoria si oppone allo stile eclettico che butta nel calderone pezzi delle loro ideologie preferite senza nemmeno considerare le contraddizioni che ne risultano. Esempi moderni includono l’anarco-capitalismo, il marxismo cristiano e il liberalismo in generale.

Se siamo continuamente consapevoli di come vogliamo vivere, possiamo appropriarci criticamente di tutto per la costruzione della nostra teoria di sé: ideologie, critica culturale, esperti tecnocratici, studi sociologici, mistici e così via. Tutta la spazzatura del vecchio mondo può essere setacciata per trovare materiale utile per chi desidera ricostruirlo.

IX

La natura della società moderna, la sua unità globale e capitalista, ci indica la necessità di rendere la nostra teoria di sé una critica unitaria. Con questo intendiamo una critica di tutte le aree geografiche dove esistono varie forme di dominazione socio-economica (sia il capitalismo del mondo “libero” sia il capitalismo di stato del mondo “comunista”), allo stesso modo una critica di tutte le alienazioni (impoverimento della sessualità, sopravvivenza forzata, urbanizzazione ecc…). In altre parole, una critica alla totalità dell’esistenza quotidiana, dalla prospettiva della totalità dei propri desideri.

Contro questo progetto si scontrano tutti i politici e i burocrati, i predicatori e i guru, gli urbanisti e i poliziotti, i riformatori e i militanti, i comitati centrali e i censori, i dirigenti aziendali e i leader sindacali, i suprematisti machisti e le ideologhe femministe, gli psicosociologi e i capitalisti conservatori, lavorano tutti per subordinare il desiderio individuale a un reificato “bene comune” che li ha presumibilmente designati come suoi rappresentanti. Sono tutte forze del vecchio mondo, tutti i capi, predicatori e tirapiedi che hanno qualcosa da perdere se le persone estendono il gioco del riappropriarsi della propria mente al riappropriarsi della propria vita.

Teoria rivoluzionaria e ideologia rivoluzionaria sono nemici – e lo sanno entrambi.

X

Per adesso dovrebbe essere ovvio che una demistificazione di sé stessi e la costruzione di una propria teoria rivoluzionaria non eliminano la nostra alienazione: ‘il mondo’ (il Capitale e lo Spettacolo) va avanti, riproducendosi ogni giorno.

Anche se questo libretto pone la sua attenzione sulla costruzione della teoria di sé, non abbiamo mai supposto che la teoria rivoluzionaria possa esistere separata dalla pratica rivoluzionaria. Per essere coerenti, per ricostruire il mondo in modo efficace, la pratica deve cercare la sua teoria e la teoria deve essere realizzata nella pratica. La prospettiva rivoluzionaria della dis-alienazione e la trasformazione delle relazioni sociali richiedono che la propria teoria non sia altro che teoria della pratica, di cosa facciamo e di come viviamo. Altrimenti la teoria degenererebbe in un’impotente contemplazione del mondo, ed infine in un’ideologia della sopravvivenza – una proiezione mentale annebbiata, un corpo statico di pensiero reificato, di armatura intellettuale, che fa da cuscinetto tra il mondo quotidiano e sé stessi. E se la pratica rivoluzionaria non è la pratica della teoria rivoluzionaria, degenera in un militarismo altruistico, negli atti ‘rivoluzionari’ come proprio dovere sociale.

Non ci battiamo per una teoria coerente se solo fine a sé stessa. Per noi, il valore dell’utilizzo pratico della coerenza è avere una teoria di sé coerente che rende più facile pensare per qualcuno. Ad esempio, è più facile capire i futuri sviluppi del controllo sociale se si ha una chiara comprensione delle moderne ideologie e tecniche di controllo fin da adesso.

Avere una teoria coerente rende più facile il concepimento di una teoria pratica per realizzare i desideri della tua vita.

XI

Nel processo di costruzione della teoria di sé, le ultime ideologie che devono essere combattute e decisamente fermate sono quelle che più si avvicinano alla teoria rivoluzionaria. Queste ultime mistificazioni sono A) Situazionismo e B) Consiliarismo.

L’Internazionale Situazionista (1958-1971) fu un’organizzazione rivoluzionaria internazionale che diede un grande contributo alla teoria rivoluzionaria. La teoria Situazionista è un corpo di teoria critica che può essere incorporata nella propria teoria di sé, e niente di più. Tutto il resto è un’appropriazione ideologica indebita nota come Situazionismo.

Per chi l’avesse appena scoperta, la teoria dell’Internazionale Situazionista sembra essere ‘la risposta che cercavo da anni’, una risposta all’enigma della propria vita morta. Ma è esattamente questo il momento quando prontezza e padronanza di sé diventano necessari. Il Situazionismo può essere una completa ideologia a favore della sopravvivenza, un meccanismo di difesa contro l’usura della vita quotidiana. Incluso nell’ideologia c’è lo spettacolare ruolo-merce dell’essere ‘situazionisti’, ovvero dei radical jade e esoterici appassionati.

Il Consiliarismo (anche conosciuto come ‘Gestione dei Lavoratori’’, ‘Sindacalismo’) offre ‘l’autogestione’ come sostituto al sistema di produzione capitalista.

La vera autogestione è il controllo diretto (non mediato da una leadership distinta) da parte dei lavoratori e le loro comunità di produzione, distribuzione e comunicazione sociali. Il movimento per l’autogestione è apparso ancora e ancora in tutto il mondo durante il corso della rivoluzione sociale. In Russia nel 1905 e 1917-21, Spagna nel 1936-7, Ungheria nel 1956, Algeria nel 1960, Cile nel 1972 e Portogallo nel 1975. La forma di organizzazione creata il più delle volte per mettere in pratica l’autogestione è stata il consiglio dei lavoratori. Assemblee generali guidate da produttori e quartieri che eleggono delegati per coordinare le loro attività. I delegati non sono rappresentativi, ma eseguono decisioni già prese dalle loro assemblee. I delegati possono essere richiamati in ogni momento, qualora l’assemblea generale ritenga che le sue decisioni non vengano eseguite in modo rigoroso.

Il Consiliarismo è la pratica e la teoria storica dell’auto-gestione tramutata in un’ideologia. Mentre i partecipanti di queste rivolte vivevano una critica della totalità sociale, iniziando dalla critica al lavoro salariato, all’economia di mercato ed al valore di scambio, il Consiliarismo attua solo una critica parziale; non cerca la trasformazione autogestita, continua e qualitativa del mondo intero, ma l’autogestione statica e quantitativa del mondo così com’è. L’economia così resta una dimensione separata, tagliata fuori dal resto della vita quotidiana, ma che allo stesso tempo la domina. D’altra parte un movimento per l’autogestione generalizzata cerca la trasformazione di tutti i settori della vita sociale e di tutte le relazioni sociali (produzione, sessualità, abitazione, servizi, comunicazioni, ecc.) il Consiliarismo pensa che un’economia autogestita sia tutto ciò che conti. Manca così totalmente il punto: la soggettività e il desiderio di trasformare l’intera vita. Il problema della gestione dei lavoratori è che tutto ciò che si gestisce è il lavoro.

Il mondo può essere rovesciato solo dall’attività collettivamente consapevole di coloro che costruiscono una teoria del perché è attualmente sotto-sopra. Un’autentica rivoluzione può avvenire solo attraverso movimenti pratici dove tutte le mistificazioni del passato sono state consapevolmente spazzate via.

Note Aggiuntive

Questo libretto fa parte della Teoria di sé collettiva da parte dei membri della nostra organizzazione. E’ ciò che chiamiamo la nostra meta-teoria, cioè la nostra teoria della pratica del creare teorie.

La preparazione e la diffusione de La Definizione Minima di Intelligenza è intrapresa per la stessa ragione per cui facciamo tutto il resto: perché vogliamo catalizzare una rivoluzione sociale che trasformi l’attuale schema statico dell’alienazione in un paesaggio in movimento di sogni realizzati. Sappiamo di poter creare le vite che vogliamo solo nel processo in cui tutti gli altri creano le vite che vogliono. Siamo rivoluzionari perché i nostri desideri richiedono una rivoluzione sociale per la loro realizzazione.

Il mondo può essere rovesciato solo dall’attività collettiva consapevole di coloro che costruiscono una teoria del perché è sotto-sopra. La ribellione spontanea e la soggettività insurrezionale da sole non sono sufficienti. Un’autentica rivoluzione può avvenire solo in un movimento pratico in cui tutte le mistificazioni del passato vengono consapevolmente spazzate via.

Appendice: Premessa agli Accordi Fondamentali

Ci siamo svegliati per poi scoprire che le nostre vite stanno diventando invivibili. Dai lavori noiosi e senza senso all’umiliazione di aspettare all’infinito in fila ai banchi e agli sportelli per ricevere la nostra parte di sopravvivenza, dalle scuole carcerarie ai “divertimenti” ripetitivi e senza cervello, dalle strade desolate e piene di criminalità all’isolamento soffocante della casa, le nostre giornate sono un tapis roulant sul quale corriamo sempre più veloci solo per rimanere nello stesso posto.

Come la maggior parte della popolazione, non abbiamo alcun controllo sull’uso a cui le nostre vite sono destinate: siamo persone che non hanno altro da vendere se non la propria capacità di lavorare. Ci siamo riuniti perché non possiamo più tollerare il modo in cui siamo forzati ad esistere, non possiamo più tollerare di essere spremuti delle nostre energie, di essere usati e poi buttati via, solo per creare un mondo che diventa ogni giorno più alieno e brutto.

Il sistema del Capitale, che sia di forma privato-aziendale dell’ ‘Occidente’ o burocratico-statale dell’‘Oriente’, è stato un brutale sfruttatore anche durante la sua ascesa: adesso, che è in decadimento, avvelena aria e acqua, produce beni e servizi qualitativamente deteriorati, ed è sempre meno capace di assumerci anche a suo beneficio. La sua logica di accumulazione e competizione porta inevitabilmente al suo collasso. Anche se unisce tutte le persone del mondo in un’unica vasta rete di produzione e consumo, ci isola l’uno dall’altro, anche se incentiva avanzamenti sempre più grandi nella tecnologia e nel potere produttivo, è incapace di metterli in uso: anche se moltiplica le possibilità di auto-realizzazione umana, ritroviamo noi stessi strangolati in strati di sensi di colpa, paura e auto-contemplazione.

Ma noi, noi stessi – la nostra forza, la nostra intelligenza, la nostra creatività, le nostre passioni – che sono la più grande forza produttiva di tutte. Siamo noi che produciamo e riproduciamo il mondo così com’è, nell’immagine del Capitale; siamo noi che rafforziamo in noi stessi le condizioni per la famiglia, la scuola, la chiesa, i media, le condizioni che ci tengono schiavi. Quando decidiamo insieme di mettere fine alla nostra miseria, di prendere le nostre vite in mano, possiamo ricreare il mondo così come lo vogliamo. Le risorse tecnologiche e la rete produttiva mondiale sviluppate dal vecchio sistema ci danno i mezzi: la crisi e il continuo collasso di quel sistema ce ne danno la possibilità e l’urgente necessità.

Le ideologie dominanti delle superpotenze mondiali, con le loro intricate bugie, ci offrono solo la falsa scelta “Comunismo” contro “Capitalismo”. Ma nella storia delle rivoluzioni durante questo secolo (Russia, 1905; Germania, 1919–20; Spagna, 1936–37; Ungheria, 1956) abbiamo scoperto il modo generale attraverso il quale possiamo riprenderci le nostre vite: i consigli dei lavoratori. Nei loro momenti più alti, questi consigli erano assemblee popolari nei luoghi di lavoro e nelle comunità, riunite da delegati rigorosamente incaricati che eseguivano le decisioni già prese dalle loro assemblee e che potevano essere richiamate in qualsiasi momento. I consigli organizzarono la loro difesa e riavviarono la produzione sotto la loro stessa gestione. Ormai, attraverso un sistema di consigli a livello locale, regionale e globale, utilizzando le moderne telecomunicazioni e l’elaborazione dei dati, siamo in grado di coordinare e pianificare la produzione mondiale e di essere liberi di plasmare il nostro ambiente immediato. Qualsiasi compromesso con la burocrazia e la gerarchia ufficiale, tutto ciò che è al di sotto del potere totale dei consigli dei lavoratori, può solo riprodurre la miseria e l’alienazione in una nuova forma, come dimostrerà una buona occhiata ai paesi cosiddetti “comunisti”. Per questo motivo, nessun partito politico può rappresentare il movimento rivoluzionario o prendere il potere “per conto suo”, poiché questo sarebbe semplicemente un cambiamento delle classi dirigenti, non la loro abolizione. Il piano dei produttori liberamente associati è in assoluta opposizione al Piano dittatoriale di produzione statale e corporativa. Solo noi tutti insieme possiamo decidere cosa è meglio per noi. Solo tutti insieme possiamo decidere cosa è meglio per noi.

Per queste ragioni, chiediamo a voi e a tutte le centinaia di milioni di persone come voi e noi, di unirvi alla trasformazione rivoluzionaria di ogni aspetto della vita. Vogliamo abolire il sistema del lavoro salariato e dipendente, del valore di scambio delle merci e del profitto, del potere aziendale e burocratico. Vogliamo decidere la natura e le condizioni di tutto ciò che facciamo, per gestire tutta la vita sociale in modo collettivo e democratico. Vogliamo porre fine alla divisione del lavoro mentale dal lavoro manuale e del tempo “libero” dal lavoro, mettendo in gioco tutte le nostre capacità per una piacevole attività creativa. Vogliamo che il mondo intero sia la nostra consapevole auto-creazione, in modo che le nostre giornate siano piene di meraviglia, di apprendimento e di piacere. Niente di meno.

Nello sviluppare questo breve programma, non stiamo provando ad imporre un ideale o una realtà, né siamo i soli a volere ciò che vogliamo. Le nostre idee sono consapevolmente o inconsapevolmente già nella mente di tutti, perché non sono nulla se non l’espressione del vero movimento che esiste su tutto il pianeta. Ma per vincere, il movimento deve riconoscere sé stesso, i suoi obiettivi e i suoi nemici come mai prima d’ora.

Non parliamo per questo movimento, ma per noi stessi in quanto tali. Non riconosciamo alcuna Causa al di là di noi stessi. Ma noi stessi siamo già sociali: l’intero genere umano produce la vita di ognuno dei suoi membri, ora più che mai. Il nostro scopo è semplicemente quello di rendere questo processo consapevole per la prima volta, di dare alla produzione della vita umana l’intensità immaginativa di un’opera d’arte.

È in questo spirito che vi invitiamo a organizzarvi, come stiamo facendo, dove lavorate e dove vivete, a cominciare a pianificare il modo in cui possiamo gestire insieme la società, a difendervi dall’aggravarsi della miseria che ci viene imposta. Vi invitiamo ad attaccare attivamente le menzogne, gli autoinganni nati dalla paura, che mantengono tutti congelati mentre il mondo ci crolla intorno. Vi invitiamo a collegarvi con noi e con gli altri che stanno facendo la stessa cosa. Soprattutto vi invitiamo a prendere sul serio voi stessi e i vostri desideri, a concretizzare il vostro potere di dominare la vostra vita.

Ora o mai più. Se vogliamo avere un futuro, dobbiamo essere noi stessi quel futuro.

PER NOI STESSI!

16 Febbraio, 1974

Tradotto da http://www.lust-for-life.org/Lust-For-Life/SelfTheory/SelfTheory.htm