Quali sono le idee di Max Stirner?
Posted: Gennaio 25th, 2020 | Author: Rafanidu | Filed under: General | Tags: individualismo, stirner | Commenti disabilitati su Quali sono le idee di Max Stirner?Per certi aspetti, “L’Unico e la sua Proprietà” di Stirner è come un test di Rorschach. Può essere interpretato in modi completamente differenti in base alla psicologia di chi lo legge. Per questo, alcuni hanno provato ad usare le idee di Stirner per difendere il capitalismo, mentre altri le hanno usate per sostenere il sindacalismo anarchico.
Per esempio, alcuni nel movimento anarchico a Glasgow, in Scozia, hanno utilizzato l’“unione di egoisti” come base per la loro organizzazione sindacalista dal 1940 in poi. Analogamente, vediamo il noto storico anarchico Max Nettlau affermare che “…la lettura di Stirner non possa essere interpretata se non in modo socialista.” [Breve storia dell’Anarchismo, p.55]. In questo articolo spiegheremo perché, dal nostro punto di vista, l’interpretazione socialista dell’egoismo sia molto più appropriata di quella capitalista.
Bisogna precisare, che il lavoro di Stirner ha avuto più impatto sull’individualismo anarchico che su quello sociale. Benjamin Tucker e molti dei suoi compagni hanno abbracciato l’egoismo quando hanno conosciuto L’Unico e la sua Proprietà (uno sviluppo che ha provocato una frattura nei circoli individualisti e, di conseguenza, contribuito al loro declino).
Tuttavia, la sua influenza non fu limitata solo all’individualismo anarchico. Come scrisse John P. Clark, Stirner “è stato una figura di particolare importanza per chi faceva parte di una fascia di anarchismo più tradizionale. Emma Goldman, ad esempio, combina molti dei principi dell’anarco-sindacalismo e anarco-comunismo con una forte enfasi sull’individualità e sull’unicità personale. L’ispirazione per quest’ultimo aspetto della sua visione deriva da pensatori come… Stirner. Herbert Read ha appoggiato l’importanza di difendere l’individualità di Stirner” [L’egoismo di Max Stirner, p.90]. Daniel Guérin dà un importante valore all’egoista tedesco nella sua classica introduzione all’anarchismo, affermando che avrebbe “…riabilitato l’importanza dell’individuo in un periodo in cui in campo filosofico dominava l’anti-individualismo di Hegel e molti riformatori sociali erano spinti dalle malefatte dell’egotismo borghese a promuovere il suo opposto” e indica “l’audacia e la portata del suo pensiero” [Anarchismo, p.27]. Dall’incontro degli anarchici a Glasgow durante la seconda guerra mondiale, l’anarchico di lunga data e artista Donald Rooum combinò allo stesso modo Stirner con l’anarco-comunismo. In America, il gruppo Situazionista, di breve vita, “For Ourselves” produsse l’interessante libro The Right to Be Greedy: Theses on the Pratical Necessity of Demanding Everything, una fusione di Marx e Stirner che proclama l'”egoismo comunista” basato sulla consapevolezza che l’avidità “è l’unica base possibile per una società comunista”.
Non è difficile capire perché così tante persone siano influenzate dal lavoro di Stirner. E’ un classico, pieno di idee e ha un senso dell’umorismo che manca in molti scrittori politici. Per alcuni è solo conosciuto attraverso la critica di Marx e Engels a cui è stato sottoposto nel loro libro L’ideologia Tedesca. Come per i loro successivi attacchi a Proudhon e Bakunin, i due tedeschi non riflettevano sulle idee che stavano attaccando e, nel caso di Stirner, avevano come obiettivo quello di farlo apparire ridicolo e assurdo. Il fatto che abbiano impiegato così tanto tempo ed energie, suggerisce che l’opera di Stirner era molto più importante e difficile da contestare rispetto a quanto abbia suggerito la loro inutile critica. In sé, già questo basta per suscitare interesse nel suo lavoro.
Come diventerà chiaro dalla nostra discussione, gli anarchici sociali hanno molto da guadagnarci dalle idee di Stirner utilizzando ciò che può essere per loro utile. Alcuni obietteranno il nostro tentativo di mettere l’egoismo e il comunismo insieme, evidenziando che Stirner rigetta “il comunismo”. Esatto! Stirner non supportava il comunismo libertario, perché non esisteva ancora quando pubblicò i suoi lavori e quindi diresse la sua critica contro le varie forme di comunismo di stato allora esistenti. Inoltre, questo non significa che gli anarco-comunisti ed altri non possano trovare utili il suo lavoro. E Stirner lo avrebbe sicuramente approvato, perché nulla potrebbe essere più estraneo dalle sue idee che limitare ciò che un individuo considera essere nei suoi migliori interessi. A differenza dell'”egoismo” limitato, per esempio, di Ayn Rand, Stirner non imponeva ciò che poteva o non poteva essere nell’interesse personale di una persona. Non diceva di agire in determinati modi perché lui li preferiva, e non ridefiniva l’egoismo per permettere alla moralità borghese di rimanere intatta. Piuttosto sollecitava l’individuo a pensare da solo la strada da seguire nel proprio percorso. Stirner disapprovava il cupo “vivere egoisticamente” determinato da qualche guru approvato da qualche figura autoritaria. Il “vero” egoismo sicuramente non è ripetere a pappagallo ogni cosa detta da Stirner ed essere d’accordo con tutto ciò che ha scritto. Nulla infatti di più estraneo alle sue idee è inventare lo “Stirnerismo”. Come dice Donald Rooum:
“Sono felice di essere chiamato un anarchico Stirneriano, a patto che ‘Stirneriano’ significhi qualcuno che sia d’accordo con l’idea generale di Stirner, non che segua alla lettera ogni sua parola. Perfavore giudicatemi per i miei meriti e non solo per i suoi e non dal test che verifica quanto le mie idee siano conformi alle sue” [“Anarchia ed Egoismo”, pp. 251-9, The Raven, no. 3, p.259]
Tenendo questo a mente, proveremo a riassumere gli argomenti principali di Stirner e indicare perché gli anarchici sono stati, e dovrebbero essere, interessati alle sue idee.
John P. Clark presenta una simpatica e utile critica dalla prospettiva anarchica sociale nel suo lavoro “L’Egoismo di Max Stirner”. Se non indicato diversamente, ogni citazione è tratta da “L’Unico e la sua Proprietà” di Stirner (i numeri di pagina si riferiscono all’edizione inglese).
Quindi, di che si occupa Stirner? E’ un Egoista, che significa che considera l’interesse personale di ogni individuo la radice di ogni sua azione, anche quando lui o lei sta apparentemente agendo in modo “altruistico”. Per questo: “Sono tutto per me stesso e faccio tutto per me stesso“. L’amore è un altro esempio di egoismo, “perché l’amore mi rende felice, amo perché amare mi viene naturale, perché mi piace”. Sprona inoltre a seguirlo, “prendi coraggio adesso e rendi te stesso il punto centrale di ogni cosa”. Vede quindi le altre persone e se stesso solo come mezzo per l’auto-soddisfazione, una soddisfazione reciproca. “Tu per me non sei altro che il mio cibo, così come tu, d’altronde, mi consumi e mi usi. Noi abbiamo l’un l’altro un solo rapporto: quello dell’utilizzabilità, dell’utilità d’uso” [p. 162, p. 291, pp. 296-7]. Stirner afferma che ogni individuo è unico (“La mia carne non è la loro carne, la mia mente non è la loro mente”) e rigetta ogni tentativo di restringere e negare la loro unicità: “Ma il singolo non può tollerare di essere considerato soltanto come una parte, come una parte della società: egli è molto di più, la sua unicità si ribella contro questa concezione limitata”. Gli individui, in modo tale da massimizzare la loro unicità, devono rendersi conto delle reali ragioni delle loro azioni. In altre parole devono diventare, insomma, egoisti consci, non inconsapevoli. Un egoista inconsapevole o involontario, è “chi cerca sempre il proprio vantaggio e tuttavia non si considera l’essere supremo in rapporto a se stesso; che serve solo se stesso e al contempo pensa sempre di servire un essere superiore; che non conosce nulla di superiore a se stesso e tuttavia si esalta per ciò che è superiore” [p. 138, p. 265, p. 36]
Al contrario, gli egoisti sono consapevoli di agire per puro interesse personale, e se sostengono un “essere superiore”, non lo faranno perché si tratta di un pensiero nobile, ma perché ne trarranno beneficio. Stirner stesso, tuttavia, non ha nulla a che fare con questi “esseri superiori”. Infatti, con l’obiettivo di preoccuparsi solamente dei suoi interessi, attacca qualsiasi “essere superiore”, che considera a sua volta una varietà di ciò che lui chiama “fantasmi”, idee per le quali gli individui si sacrificano e dalle quali sono dominati. Prima fra queste astrazioni c’è “L’Uomo”, in cui tutti gli unici vengono sommersi e dispersi. Come lui stesso dice “il liberalismo è una religione perché separa la mia essenza da me posizionandola al di sopra di me, per esaltare ‘L’Uomo’ come ogni religione fa con Dio… mi pone al di sotto dell’Uomo”. Infatti, colui “che esalta L’Uomo non considera, finché dura la sua esaltazione, le persone e nuota in un interesse ideale, sacro. L’Uomo, infatti, non è una persona, ma un ideale, un fantasma” [p. 176, p.79] Attraverso i vari “fantasmi”, Stirner attacca aspetti importanti della vita capitalista come la proprietà privata, la divisione del lavoro, lo stato, religione, e (a volte) la società stessa. Discuteremo della sua critica al capitalismo prima di passare alla sua visione di una società egoista e come essa si relazioni all’anarchismo.
Per l’egoista, la proprietà privata è un fantasma che “vive solo grazie alla legge” e “diventa ‘mia’ solo per effetto della legge“. In altre parole, la proprietà privata esiste solo “attraverso la protezione dello Stato“. Riconoscendo questa necessità, afferma “per i ‘bravi cittadini borghesi’ è indifferente che sia un re assoluto o uno costituzionale, oppure una repubblica, ecc.., a proteggere loro stessi e i loro principi, purché in qualche modo vengano protetti. E qual è il loro principio, il cui protettore essi sono sempre pronti ad ‘amare’? Quello del lavoro no; quello della nascita neppure. Ma piuttosto quello della mediocrità, del giusto mezzo: un po’ la nascita e un po’ il lavoro, cioè un possesso che dia interessi” [p. 251, p. 114, p. 113, p. 114]
Stirner anticipa con questa affermazione il supporto da parte del capitalismo del fascismo – finché il regime supporta interessi capitalisti, i ‘bravi cittadini’ (inclusi i cosiddetti “libertariani” Americani) lo supporteranno. Lui vede nella proprietà privata non solo una scusa per richiedere la protezione dello stato, ma anche che porta a sua volta a sfruttamento e oppressione. Lui, come alcuni anarchici che lo seguirono tipo Kropotkin, attacca la divisione del lavoro (derivante dalla proprietà privata) proprio per i sui effetti mortificanti nei confronti dell’ego e l’individualità del lavoratore:
“Ora, invece, che ognuno deve diventare un uomo, fissare un uomo a un lavoro meccanico è come renderlo schiavo. Invece qualsiasi lavoro deve avere lo scopo di soddisfare l’uomo. Perciò bisogna che questi possa diventare, nel suo lavoro, un maestro, cioè deve poterlo creare come una totalità. Ma chi, in una fabbrica di spilli, attacca soltanto la capocchia, chi stira soltanto fil di ferro, lavora meccanicamente, come se fosse una macchina: resta un poveraccio, non può diventare un maestro: il suo lavoro non può soddisfarlo, ma soltanto sfinirlo. Il suo lavoro, preso a sé non è niente, non ha nessuno scopo in sé, non è niente compiuto per sé: egli lavora soltanto per porgere un prodotto non finito nelle mani di un altro e viene da questi utilizzato (quindi sfruttato)” [p. 121]
Stirner non ha nient’altro che disprezzo per chi difende la proprietà in termini di “diritti naturali” e di chi si opponeva con dedizione a furto e tasse solo perché violava tali diritti. “Proprietà legale o legittima di un altro” afferma “sarà allora soltanto quella che tu gli lasci perché tu vuoi così, perché è ‘la cosa giusta’ per te che lui ne abbia la proprietà. Se non lo sarà più, la sua proprietà avrà perduto per te ogni legittimità e il suo diritto assoluto ti farà solo ridere”. Era ben consapevole del fatto che la disuguaglianza sarebbe stata possibile solo finché le masse fossero rimaste convinte della santità della proprietà. In questo modo la maggioranza finirà sempre nel non possedere nulla:
“La proprietà in senso borghese significa proprietà sacra, tale che io debba rispettare la tua proprietà… Anche se poca, se ognuno ha la sua, una proprietà rispettabile: Quanto più esisteranno proprietari di questo tipo… tanti saranno gli “uomini liberi e validi patrioti” dello Stato“.
“Il liberalismo politico fa assegnamento, come ogni principio religioso, sul rispetto, sullo spirito umanitario, sulle virtù dell’amore. Per questo però vive in un’ira incessante. In pratica, infatti, la gente non rispetta proprio niente e ogni giorno succede di nuovo che piccole proprietà vengano accaparrate da grossi latifondisti, cosicché gli “uomini liberi” diventano braccianti“. [p. 248]
Quindi la libera concorrenza “non è ‘libera’, perché mi mancano le risorse per la concorrenza stessa“. A causa di questa fondamentale disuguaglianza di ricchezza (di “risorse”), “Sotto il regime della comunanza i lavoratori cadono sempre nelle mani dei possessori… dei capitalisti, quindi. Il lavoratore non può realizzare sul suo lavoro il valore che ha per il cliente“. In altre parole, la classe operaia è sfruttata dai capitalisti e dai proprietari terrieri. Inoltre, è lo sfruttamento del lavoro che pone le basi dello stato, perché “si fonda sulla schiavitù del lavoro. Se il lavoro diventerà libero, lo Stato sarà perduto“. Senza il plusvalore per mantenersi, lo stato non potrebbe esistere. Per Stirner, lo stato è il principale problema dell’individualità: “Io non sono libero in nessun Stato“. Questo perché lo Stato pretende di essere sovrano su una determinata area, mentre, per Stirner, solo l’ego può essere sovrano su se stesso e su ciò che usa (la sua “proprietà”): “Io appartengo a me stesso soltanto quando sono padrone di me”. Così lo stato: “non è pensabile senza il dominio e la schiavitù (sudditanza)”; infatti lo Stato “deve dominare tutti coloro che ne fanno parte” Stirner ha anche messo in guardia contro l’illusione di pensare che la libertà politica significhi che lo Stato non deve essere motivo di preoccupazione perché la “libertà politica significa che la polis, lo Stato, è libero; . . . . non, quindi, che io sia libero dallo Stato. . . Non significa la mia libertà, ma la libertà di un potere che mi governa e mi soggioga; significa che uno dei miei despoti… è libero” [p. 116, p. 226, p. 169, p. 195, p. 107]
Pertanto Stirner esorta all’insurrezione contro ogni forma di autorità e al mancato rispetto della proprietà. Perché “se l’uomo raggiunge il punto di perdere il rispetto per la proprietà, tutti ne avranno, poiché tutti gli schiavi diventano uomini liberi non appena non rispettano più il padrone come padrone“. E perché il lavoro diventi libero, tutti devono avere “proprietà”. “I poveri diventano liberi e proprietari solo quando si ribellano“. Così, “se non vogliamo più lasciare la terra ai proprietari terrieri, ma appropriarcene, ci uniamo a questo scopo, formiamo un’unione, una société, che si fa proprietaria… possiamo cacciarli da molte altre proprietà ancora, per farne la nostra proprietà, la proprietà dei – conquistatori“. Così la proprietà “merita gli attacchi dei comunisti e di Proudhon: è insostenibile, perché il proprietario civico non è in realtà altro che un proprietario di immobili, uno che è ovunque chiuso fuori. Invece di possedere il mondo, come potrebbe, non possiede nemmeno il misero punto su cui si gira” [p. 258, p. 260, p. 249, pp. 248-9]
Stirner riconosce l’importanza dell’auto-liberazione e il modo in cui l’autorità esiste solamente tramite l’accettazione di essere governati. Se ne lamenta, “nessuna cosa è sacra in virtù di se stessa, ma invece perché io la dichiaro sacra, cioè in virtù della mia sentenza, del mio giudizio, delle mie genuflessioni, insomma della mia – coscienza”. E’ da questo culto verso ciò che la società considera “sacro” che gli individui devono liberarsi in modo tale da scoprire il proprio vero io. Di questo processo di liberazione di sé stessi, fa parte la distruzione delle gerarchie. Per Stirner “La gerarchia è la dominazione dei pensieri, della mente!” e questo significa che noi siamo “tenuti sotto da coloro che sono sostenuti dai pensieri”. Ciò accade grazie alla nostra volontà di non mettere in discussione le autorità e le loro cause, come la proprietà privata e lo stato:
“Proudhon chiama la proprietà “furto (vol)”. Ma la proprietà altrui (e solo di questa egli parla) esiste d’altronde solo grazie al sacrificio, alla rinuncia e all’umiltà, è un dono. Perché allora prendere quest’atteggiamento sentimentale da poveri derubati e invocare compassione se si è in realtà soltanto stolti e vigliacchi donatori?
Perché addossare anche in questo caso la colpa agli altri, come se ci derubassero, quando in realtà la colpa è nostra, dal momento che non li derubiamo? Se ci sono i ricchi, la colpa è dei poveri” [p. 315]
Per coloro, come gli attuali “libertariani” capitalisti, che elevano il “profitto” a punto chiave dell’egoismo, Stirner non ha altro che disprezzo. Perché “l’avarizia” è solo una parte del proprio ego e spendere la propria vita a soddisfare solo questa parte, porta alla negazione delle altre. Lui chiama tale comportamento “auto-sacrificio” oppure “egoismo unilaterale, chiuso, spicciolo” che quindi porta l’ego ad essere sopraffatto da un aspetto di se stesso. Per “colui il quale mette tutto ciò che ha al servizio di una sola cosa, di uno scopo, di una volontà, di una passione… domina una sola passione e sacrifica tutte le altre” [p.76]
Per il vero egoista, i capitalisti sono “suicidi” in questo senso, perché sono guidati solamente dal profitto. Alla fine, il loro comportamento è solo un’altra forma di negazione di sé stessi, e il culto del denaro li porta ad evitare altri comportamenti propri come l’empatia e il pensiero critico ( il conto bancario diventa il libro sacro). Una società basata su questo “egoismo” finisce per ostacolare l’ego stesso mortificando la propria individualità e quella altrui e riducendo la vasta “utilità” che gli altri potrebbero avere per noi. In aggiunta, l’essere orientati verso il profitto non è nemmeno basato sull’interesse personale, è forzato sull’individuo dalla dipendenza dal mercato (un’autorità estranea) e si traduce in un lavoro che “reclama tutto il nostro tempo e la nostra fatica” non lasciando tempo all’individuo “per prendere conforto in se stesso come Unico’” [pp. 268-9]
Stirner rivolge la sua analisi anche al “socialismo” e al “comunismo”, e la sua critica è potente quanto quella che rivolge contro il capitalismo. Questo attacco, per alcuni, dà alla sua opera un aspetto che sembra favorire il capitalismo, mentre, come indicato sopra, non è così. Stirner ha attaccato il socialismo, ma ha (giustamente) attaccato il socialismo di stato, non il socialismo libertario, che in realtà non esisteva all’epoca (l’unica opera anarchica ben nota all’epoca era “Cos’è la proprietà?” di Proudhon, pubblicata nel 1840, e quest’opera ovviamente non poteva riflettere pienamente gli sviluppi dell’anarchismo che sarebbero venuti). Egli indicò anche il motivo per cui il socialismo moralista (o altruista) è destinato al fallimento, e pose le basi della teoria che il socialismo funzionerà solo sulla base dell’egoismo (comunismo egoista, come viene talvolta chiamato). Stirner ha giustamente sottolineato che gran parte di quello che viene chiamato socialismo non è altro che liberalismo camuffato, e come tale ignora l’individuo: “Chi è che il liberale considera suo pari? L’uomo!… In altre parole, egli vede in te non te stesso, ma la tua specie” . Un socialismo che ignora l’individuo si rassegna ad essere capitalismo di stato, nulla di più. I “socialisti” di questo pensiero dimenticano che la “società” è composta da individui e sono gli individui a lavorare, pensare, amare, giocare, e divertirsi. Così: “che la società non sia affatto un io che possa dispensare, conferire o concedere, bensì uno strumento o un mezzo dal quale possiamo trarre vantaggio… a tutto questo i socialisti non pensano, perché essi, in quanto liberali, sono prigionieri del principio religioso e aspirano ad una società che sia santa, così come santo era, finora, lo Stato.” [p. 123]
Ovviamente per l’egoista il comunismo libertario può essere un’opzione come qualsiasi altro regime socio-politico. Come Stirner ribadisce più volte, l’egoismo “non è ostile alla più tenera cordialità… come non lo è il socialismo: in breve, non è in contrasto con alcun interesse: non esclude alcun interesse. Semplicemente va contro il disinteresse e il non-interessante: non è contro l’amore ma contro l’amore sacro… non contro i socialisti, ma contro i socialisti sacri.” [No Gods, No Masters, vol. 1, p. 23]
Dopo tutto, se aiuta l’individuo, Stirner non aveva più problemi con il comunismo libertario che con i governanti o lo sfruttamento. La posizione di Stirner implica che coloro che sono soggetti a questi ultimi hanno interesse ad eliminarli entrambi e dovrebbero unirsi a coloro che si trovano nella stessa posizione per porvi fine, piuttosto che fare appello alla buona volontà di coloro che sono al potere. Va da sé che coloro che trovano nell’egoismo tendenze fasciste sono nel torto. Il fascismo, come ogni sistema classista, mira a far sì che l’élite governi e fornisce alle masse vari fantasmi per assicurarsi il potere (la nazione, la tradizione, la proprietà privata e così via). Stirner, d’altra parte, sollecita ad un egoismo universale piuttosto che uno limitato a pochi individui. In altre parole, egli vorrebbe che i soggetti sottoposti al dominio fascista respingessero questi fantasmi, unendosi e rivoltandosi contro coloro che li opprimono:
“Chi dice che ognuno può fare tutto? Che ci stai a fare tu, se non per opporti a ciò che non vuoi che ti venga fatto? Difenditi e nessuno ti farà niente! Chi vuole spezzare la tua volontà, dovrà vedersela con te! È tuo nemico: trattalo come tale. Se dietro di te ci sono milioni di persone a difenderti, avrete una forza imponente e vincerete senza difficoltà” [p.197]
Che il desiderio di autonomia individuale di Stirner si trasformi in sostegno al dominio per pochi e sottomissione per molti da parte di molti dei suoi critici riflette semplicemente il fatto che siamo condizionati dalla società classista ad accettare tale regola come normale – e speriamo che i nostri padroni siano gentili e si sottomettano agli stessi spiriti che infliggono ai loro sudditi. È vero che un ristretta cerchia di “egoisti” lo accetterebbe e cercherebbe tali relazioni di dominio, ma una tale prospettiva non è accettata da Stirner. Lo si può vedere da come la sua visione egoista potrebbe adattarsi alle idee socialiste libertarie.
La chiave per comprendere questa sua connessione con quest’ultima linea di pensiero, sta nella sua idea di “Unione di Egoisti”, il suo metodo alternativo di organizzare la società. Credeva che più le persone diventano egoiste, più i conflitti nella società diminuiscono perché ogni individuo riconosce l’unicità dell’altro, garantendo così un ambiente dove ognuno può volontariamente cooperare (o a trovare “tregue” nella “guerra di tutti contro tutti”). Queste “tregue” vengono chiamate da Stirner “Unioni di Egoisti”. Sono il mezzo con cui gli egoisti potrebbero, innanzitutto, “annichilire” lo stato, e poi distruggere la sua creatura, la proprietà privata, perché “i mezzi del singolo verranno moltiplicati e la sua proprietà minacciata verrà assicurata” [p. 258]
Le unioni che Stirner desidera sarebbero basate sul libero accordo, essendo associazioni spontanee e volontarie basate sugli interessi comuni dei coinvolti, che “si preoccupano del loro benessere, unendosi agli altri . Le unioni, a differenza dello stato, esistono per assicurarsi ciò che Stirner chiama “rapporto” o “unione” tra individui. Per capire meglio la natura di questo tipo di associazioni, si rimpiazzerebbe lo stato con relazioni fra amici, amanti, o bambini che giocano, per esempio. [No Gods, No Masters, vol. 1, p. 25]. L’immagine di questo tipo di relazione massimizza il godimento, il piacere, la libertà e l’unicità del singolo oltre ad assicurare che non si debba sacrificare nulla per appartenersi realmente. Queste associazioni sono basate su una reciproca e spontanea cooperazione fra eguali. Stirner ribadisce “il rapporto fra singoli è reciproco, è la relazione, il “commercium” fra due individui“. Il suo obiettivo è “il piacere” e “il godimento di sè”. Così Stirner cercava un egoismo ampio, che apprezzasse gli altri e la loro unicità, e così criticava l’egoismo ristretto di chi dimenticava la ricchezza che sono gli altri:
“Ma sarebbe un uomo che non sa apprezzare nessuna delle bontà che derivano dall’interesse per gli altri, dalla considerazione per gli altri. Sarebbe un uomo che si priva di molti piaceri, un individuo miserabile… non sarebbe un egoista miserabile piuttosto che un egoista autentico? Chi ama un essere umano è, in virtù di quell’amore, un uomo più ricco di colui che non ama nessuno” [No Gods, No Masters, vol. 1, p. 23]
In modo da assicurare che chi ne è coinvolto non sacrifichi la sua unicità e la sua libertà, le parti che vi partecipano devono avere lo stesso potere nell’associazione stessa, ed essa deve essere basata sull’autogestione (cioè parità di potere). Solo nell’autogestione, tutti possono partecipare per gli interessi dell’unione ed in questo modo esprimere la loro individualità. Altrimenti, si potrebbe presumere che alcuni egoisti coinvolti smetterebbero di esserlo, e quindi sarebbero dominati dagli altri, il che è improbabile. Come Stirner stesso ne ha discusso:
“Ma sarebbe realmente egoista un’associazione in cui la maggior parte dei membri si lasciano privare dei propri interessi più naturali e più evidenti? Possono davvero essere ‘egoisti’ che si sono riuniti quando c’è uno che è schiavo o servo dell’altro? ...”
“Le società in cui i bisogni di alcuni sono soddisfatti a scapito degli altri, dove, diciamo, alcuni possono soddisfare il proprio bisogno di riposo grazie al fatto che gli altri devono lavorare fino allo sfinimento, e possono condurre una vita di agio perché altri vivono nella miseria e muoiono di fame, o addirittura che vivono una vita dissoluta perché altri sono abbastanza sciocchi da vivere nella miseria, ecc, tali società . . . sono più che altro società religiose, comunioni ritenute sacrosante di diritto, di legge e da tutti i fasti dei tribunali” [Op. Cit., p. 24]
Pertanto, la rivolta dell’egoismo contro tutte le gerarchie che limitano l’ego individuale, porta alla fine di ogni relazione sociale autoritaria, in particolare quelle associate alla proprietà privata ed allo stato. Dato che il capitalismo è caratterizzato da ampie differenze di potere contrattuale al di fuori delle sue “associazioni” (cioè le imprese) e di potere all’interno di queste “associazioni” (cioè la gerarchia lavoratore/proprietario), da un punto di vista egoistico è nell’interesse di chi è sottoposto a tali relazioni liberarsene e sostituirle con unioni basati sulla mutualità, sulla libera associazione e sull’autogestione. In definitiva, Stirner ribadisce che è nell’interesse personale del lavoratore liberarsi sia dallo stato sia dall’oppressione capitalista. Parlando da anarco-sindacalista, Stirner riconosce il potenziale dello sciopero come mezzo di liberazione personale:
“Gli operai hanno in mano il potere più enorme: se ne diventassero davvero consapevoli e l’adoperassero, niente potrebbe resistergli: basterebbe che essi sospendessero il lavoro, considerassero come proprio il prodotto del lavoro e ne godessero. Questo è il significato delle rivolte operaie che affiorano qua e là.”
Data la natura olistica ed egalitaria dell’unione di egoisti, si può notare che essa condivide poco con i cosiddetti accordi liberi del capitalismo (in particolare il lavoro salariato). La struttura gerarchica delle imprese capitaliste difficilmente produce associazioni in cui le esperienze dell’individuo possono essere paragonate a quelle di chi è coinvolto nell’amicizia o nel gioco, né implicano l’uguaglianza. Un aspetto essenziale dell'”unione degli egoisti” per Stirner era che tali gruppi dovessero essere “di proprietà” dei loro membri, non il contrario. Questo aspetto evidenzia una forma di organizzazione libertaria all’interno di queste “unioni” (cioè basata sull’uguaglianza e sulla partecipazione), in una forma non gerarchica. Se non si ha voce in capitolo su come funziona un gruppo (come nella schiavitù salariale, dove i lavoratori hanno la “possibilità” di “amarlo o lasciarlo”) allora difficilmente si può dire che sia proprio, no? Infatti, sostiene Stirner, “solo nell’unione puoi affermarti come unico, perché l’unione non ti possiede, ma tu la possiedi o la rendi utile a te“.
Così, “l’unione di egoisti” non può essere comparata al contratto datore-dipendente perché il dipendente non si può sicuramente definire “proprietario” dell’organizzazione (e non possiede se stesso nemmeno durante le ore lavorative, avendo venduto la sua forza lavoro/libertà al suo capo in cambio del salario). Solo attraverso un’associazione inclusiva puoi “affermarti” libero e sottoporre l’associazione stessa alle tue “critiche” – nei contratti capitalistici, si possono fare entrambe le cose, ma in modo limitato e non senza il permesso del tuo capo.
Per lo stesso motivo, i contratti capitalistici non implicano il “lasciare in pace gli altri” (come pretende l'”anarco”- capitalismo). Nessun capo vorrà “lasciare in pace” i dipendenti della sua fabbrica, né un proprietario terriero “lascerà in pace” un abusivo in una terra che possiede e non utilizza. Stirner rigetta il principio limitato di “proprietà” come proprietà privata e riconosce la natura sociale della “proprietà” il cui uso condiziona molte più persone rispetto a chi dice di possederla: “Io non arretro timoroso di fronte alla tua proprietà, ma la considero sempre come mia proprietà in cui non sono tenuto a “rispettare” niente. Comportatevi pure allo stesso modo nei confronti di ciò che chiamate mia proprietà! “.
Questa visione porta logicamente all’idea sia dell’autogestione dei lavoratori che del controllo della comunità, poiché coloro che sono influenzati da un’attività si interessano direttamente ad essa e non lasciano che il “rispetto” per la proprietà “privata” permetta agli altri di opprimerli.
Inoltre, l’egoismo (interesse personale) deve portare all’autogestione e all’aiuto reciproco (solidarietà), perché, giungendo ad accordi basati sul rispetto reciproco e sull’uguaglianza sociale, ci assicuriamo rapporti non gerarchici. Se domino qualcuno, con ogni probabilità sarò dominato a mia volta. Eliminando la gerarchia e il dominio, l’ego è libero di sperimentare e di utilizzare tutto il potenziale degli altri. Come ha sostenuto Kropotkin nel Mutuo Appoggio, la libertà individuale e la cooperazione sociale non solo sono compatibili, ma, quando sono uniti, creano le condizioni più produttive per tutti gli individui all’interno della società.
Stirner ricorda all’anarchico che il comunismo e il collettivismo non devono essere fini a sé stessi, ma devono garantire all’individuo la libertà e il divertimento. Come sostiene: “Ma se un giorno la concorrenza dovesse scomparire, perché lo sforzo condiviso sarà stato riconosciuto come più piacevole dell’isolamento, allora non sarà forse ogni singolo individuo all’interno delle associazioni ugualmente egoista e nei propri interessi?” [Op. Cit., p. 22]. Questo perché la concorrenza ha i suoi svantaggi, dato che “l’accumulazione frenetica non ci lascia neanche respirare, prenderci un momento per il godimento. Non proviamo il comfort dei nostri beni. . . Per questo è utile giungere ad un accordo sul lavoro umano, affinché non prenda tutto il nostro tempo e la nostra fatica” [p. 268]. In altre parole, nel mercato solo il mercato è libero, non coloro soggetti alle sue pressioni e necessità – un’importante verità che i difensori del capitalismo ignorano sempre.
Dimenticarsi dell’individuo era, per Stirner, il problema chiave delle varie forme di comunismo con cui era familiare e dunque questa “organizzazione del lavoro tocca solo le fatiche che gli altri possono fare per noi… le rimanenti restano egoistiche, perché nessuno, per esempio, può terminar di comporre la tua musica o dipingere i tuoi quadri, ecc.: nessuno può sostituire il lavoro di Raffaello. Questi ultimi sono lavori di un unico, che solo quell’unico può portare a compimento “. Pone poi la domanda: “Ma per chi va conquistato il tempo [per associazione]? A quale scopo l’uomo ha bisogno di più tempo di quanto è necessario per ritemprare la sua forza lavorativa logorata? A questo proposito il comunismo tace.” e l’egoismo risponde “Per godere di sé come unico dopo aver fatto la propria parte come uomo! “. In altre parole, la competizione “ha continuato ad esistere” perché “nessuno si preoccupa dei propri interessi e non si mette d’accordo con gli altri” [p. 269, p. 275]
Come si può vedere dal capitolo 8 de La conquista del pane di Kropotkin (“Il bisogno del lusso”), l’anarco-comunismo si basa su questa intuizione, sostenendo che il comunismo è necessario per assicurare che tutti gli individui abbiano il tempo e l’energia per perseguire i propri interessi e sogni unici.
Stirner osserva che la socializzazione della proprietà non deve necessariamente portare a una vera libertà se non è radicata nell’uso e nel controllo individuale. Egli afferma che “il signore è il proprietario. Scegliete allora se volete essere signori o se lo deve essere la società!”. Egli osserva che molti comunisti del suo tempo hanno attaccato le proprietà altrui, ma non hanno sottolineato che l’obiettivo era quello di garantirne l’accesso a tutti gli individui. “Invece di trasformare l’altro in proprio”, osserva Stirner, “essi giocano in modo imparziale e chiedono solo che tutte le proprietà siano lasciate a terzi, come la società umana”. In definitiva, naturalmente, nel comunismo libertario non è la “società” che usa i mezzi di sussistenza, ma gli individui e le associazioni di individui. Come ha sottolineato Stirner: “Né Dio né l’uomo (“società umana”) è proprietario, ma solo l’individuo” [p. 313, p. 315, p. 251]. Per questo motivo gli anarchici hanno sempre sottolineato l’autogestione – l’unica che può portare la proprietà collettiva nelle mani di chi la utilizza. Stirner pone l’accento sul processo decisionale lì dove dev’essere – negli individui che compongono una data comunità piuttosto che in astrazioni come la “società”.
Pertanto l’unione degli egoisti di Stirner ha forti legami con il desiderio dell’anarchismo di una società basata su individui liberamente federati, che cooperano da pari a pari. La sua idea centrale di “proprietà” – quella che viene usata dall’ego – è un concetto importante per l’anarchismo, perché sottolinea che la gerarchia si sviluppa quando ci lasciamo possedere dalle idee e dalle organizzazioni piuttosto che viceversa. Una comunità anarchica partecipativa sarà composta da individui che devono garantire che essa rimanga una loro “proprietà” e che sia sotto il loro controllo; da qui l’importanza di organizzazioni decentrate e confederate che garantiscano tale controllo. Una società libera deve essere organizzata in modo da assicurare il libero e pieno sviluppo dell’individualità e massimizzare il piacere che si può trarre dall’interazione e dall’attività individuale. Infine, Stirner indica che l’aiuto reciproco e l’uguaglianza non si basano su una morale astratta, ma sull’interesse personale, sia per la difesa contro la gerarchia, sia per il piacere di un rapporto di cooperazione tra individui unici.
Stirner dimostra brillantemente come le astrazioni e le idee fisse (“fantasmi”) influenzino il nostro modo di pensare, di vedere noi stessi e di agire. Egli mostra come la gerarchia affondi le sue radici nella nostra mente, nel nostro modo di vedere il mondo. Offre una potente difesa dell’individualità in un mondo autoritario e alienato, e pone la soggettività al centro di ogni progetto rivoluzionario, dove dovrebbe stare. Infine, ci ricorda che una società libera deve esistere nell’interesse di tutti, e deve essere basata sull’auto-realizzazione, la liberazione e il godimento dell’individuo.
Tradotto da http://www.infoshop.org/an-anarchist-faq-g-6-what-are-the-ideas-of-max-stirner/
Le indicazioni di pagine delle citazioni si riferiscono all’edizione inglese “The Unique and Its Own”.