Le origini della polizia

Posted: Agosto 12th, 2018 | Author: | Filed under: General | Tags: , | Commenti disabilitati su Le origini della polizia
Five Points District

Il distretto Five Points della parte bassa di Manhattan, dipinto da George Catlin nel 1827. Five Points, oltre ad essere il primo insediamento libero di neri a New York, era anche la destinazione degli immigrati irlandesi e un punto focale per la vita collettiva e turbolenta della nuova classe lavoratrice. La polizia fu inventata per controllare quartieri e popolazioni di questo tipo.

 

In Inghilterra e negli Stati Uniti, la polizia fu inventata nell’intervallo di poche decine di anni, all’incirca tra il 1825 e il 1855.

La nuova istituzione non era una risposta ad un aumento del crimine e di certo non portò nuovi metodi per affrontarlo. Il metodo più comune delle autorità per risolvere un crimine, prima e dopo la nascita della polizia, era la testimonianza.

Inoltre, la criminalità ha a che fare con le azioni dei singoli individui e le élite dominanti che istituirono la polizia rispondevano a sfide poste dall’azione collettiva.

In parole semplici, le autorità crearono la polizia in risposta a grandi folle come quelle degli scioperi in Inghilterra, le rivolte nel nord degli Stati Uniti e la minaccia di insurrezioni da parte degli schiavi nel sud.

Dunque la polizia fu una risposta alle folle, non al crimine individuale.

Più avanti nel testo verrà illustrato come queste folle divennero una vera e propria sfida per l’ordine statale e come la polarizzazione sociale nelle città e l’abbattimento dei vecchi metodi di controllo dei lavoratori divennero un problema per le élite. In queste decadi, lo stato agì per colmare questa breccia sociale.

Verrà inoltre spiegato come nel nord degli Stati Uniti, l’invenzione della polizia fu solo una parte degli interventi dello stato per controllare e regolare la forza lavoro su base giornaliera.

I governi inoltre regolarono il mercato del lavoro e svilupparono un sistema di educazione pubblica per influenzare il pensiero dei futuri lavoratori. Verrà data maggiore importanza ai fatti riguardanti lo sviluppo della polizia a Londra, New York, Charleston (South Carolina) e Philadelphia.

Per capire meglio ciò che è speciale riguardo all’istituzione della polizia moderna, è utile parlare della situazione sociale del periodo in cui il capitalismo stava solo nascendo.

Nello specifico, consideriamo le città mercantili del Basso Medioevo nell’undicesimo secolo.

La classe dominante del tempo non alloggiava in città, i proprietari terrieri feudali vivevano in campagna; e non disponevano della polizia per la loro protezione. Potevano organizzare forze armate per terrorizzare i servi – che vivevano in semi-schiavitù – o potevano combattere contro altri nobili. Ma queste forze non erano professionali o perenni.

La popolazione delle città era composta principalmente da servi che avevano comprato la propria libertà, o che semplicemente erano scappati dai loro padroni. Erano conosciuti come borghesi, che vuol dire letteralmente “abitante della città”. I borghesi furono i pionieri del sistema economico che divenne conosciuto come capitalismo.

Per gli scopi di questa discussione, possiamo dire che il capitalista è colui che utilizza il denaro per ottenere altro denaro, accumulando capitale. All’inizio, i capitalisti dominanti erano i mercanti. Un mercante utilizza il denaro per comprare merce che rivende per guadagnare altro denaro.

C’erano anche i capitalisti che avevano a che fare solo con il denaro – i banchieri – che prestavano una certa somma in cambio di una somma maggiore.

Inoltre erano presenti gli artigiani, che compravano delle materie prime per produrre qualcosa come delle scarpe per venderlo e ottenere maggiore denaro. Nelle corporazioni, un artigiano lavorava e controllava gli operai e gli apprendisti. I capi ottenevano un profitto dal loro lavoro, dunque avveniva dello sfruttamento, ma gli apprendisti potevano sperare di diventare loro stessi i padroni dell’attività. Dunque le relazioni tra le classi nelle città erano perlopiù fluide, soprattutto in confronto a quelle tra padrone e servo. Inoltre, le corporazioni operavano secondo modalità che ponevano limiti allo sfruttamento, quindi erano principalmente i mercanti ad accumulare il capitale a quei tempi.

In Francia, nell’XI e nel XII secolo, queste città cominciarono ad essere conosciute come “comuni”. Diventavano comuni in base a varie condizioni, talvolta con il permesso di un signore feudale, ma in genere erano viste come entità autogovernate o addirittura come città-stato.

Ma non avevano poliziotti. Avevano i loro tribunali – e delle piccole forze armate formate dagli artigiani stessi. Queste forze non avevano generalmente niente a che fare con il punire le persone, infatti se si veniva derubati o assaltati, o truffati in un affare, bisognava agire contro il colpevole di propria mano.

Un esempio di questa pratica fai-da-te, un metodo che continuò per secoli, era conosciuto come “hue and cry”. Se ti trovavi al mercato e vedevi qualcuno rubare, eri costretto a gridare “Fermati, ladro!” e ad inseguirlo, in teoria. In seguito chiunque avesse visto tale scena, si sarebbe sentito obbligato ad unirsi alla folla e ad inseguire il ladro.

Le città non avevano poliziotti perché avevano un alto grado di uguaglianza sociale, che dava alla gente un senso di mutuo obbligo.

Con il passare degli anni, i conflitti tra classi nelle città si intensificarono, ma comunque, le città rimasero compatte – attraverso un comune antagonismo verso il potere dei nobili e i continui legami di obbligazione.

Per centinaia di anni, i francesi mantennero una memoria idealizzata di queste comuni – come comunità autogovernate di eguali. Non è una sorpresa quindi che nel 1871, quando i lavoratori presero il controllo di Parigi, la chiamarono Comune. Ma stiamo andando più avanti di quanto dovremmo.

Il capitalismo fu sottoposto a dei grandi cambiamenti crescendo all’interno della società feudale.

Prima di tutto, la grandezza dei possedimenti di capitale aumentò.

L’obbiettivo era sempre l’accumulazione del capitale, che aumentò enormemente con la conquista dell’America, dato che l’oro e l’argento venivano saccheggiati dal Nuovo Mondo e gli africani venivano rapiti per lavorare nelle piantagioni.

Molte più merci vennero prodotte per essere vendute sul mercato. Coloro che perdevano nella competizione del mercato cominciarono a perdere anche la loro indipendenza di produttori e a cercare lavori salariati. Ma in luoghi come l’Inghilterra, la più grande forza che spingeva la gente a cercare un lavoro era il movimento, incentivato dallo stato, a togliere la terra ai contadini.

Le città crebbero dato che i contadini diventavano rifugiati dalla campagna, mentre la disuguaglianza aumentava. Quello del borghese capitalista divenne uno strato sociale più distinto dai lavoratori. Il mercato stava avendo un effetto corrosivo sulla solidarietà delle corporazioni – di cui verrà discusso parlando di New York. Le officine divennero sempre più grandi, dato che un capo inglese poteva arrivare a comandare dozzine di lavoratori, in particolare questa era la situazione dominante nella metà del 1700, il periodo subito precedente alla vera e propria industrializzazione.

Non c’era ancora la polizia, ma le classi più ricche cominciarono ad adottare maggiore violenza per reprimere la popolazione povera.

Talvolta veniva ordinato all’esercito di sparare sulle folle di ribelli e a volte i conestabili arrestavano gli agitatori per impiccarli. Dunque la lotta di classe cominciava a farsi forte, ma le cose cambiarono veramente solo quando cominciò la rivoluzione industriale in Inghilterra.

Allo stesso tempo, i francesi stavano passando una rivoluzione politica e sociale a partire dal 1789.

La risposta della classe dominante inglese fu di andare nel panico pensando alla possibilità che i lavoratori inglesi potessero seguire l’esempio dei francesi. Bandirono le trade union e gli incontri di più di 50 persone.

Tuttavia, i lavoratori inglesi organizzarono manifestazioni e scioperi sempre più grandi dal 1792 al 1820. La classe dominante rispose mandando l’esercito. Ma c’erano solo due cose che l’esercito poteva fare: poteva rifiutarsi di sparare e lasciare che la folla continuasse quello per cui si era formata o poteva sparare sulla folla producendo dei martiri della classe operaia.

Questo fu esattamente quello che successe a Manchester nel 1819. I soldati furono mandati a reprimere una folla di 80’000 persone, causando centinaia di feriti e 11 morti. Invece di piegare la massa, quest’azione, conosciuta come il massacro di Peterloo, provocò un’ondata di scioperi e proteste.

Perfino la tattica di impiccare il capo del movimento, che aveva sempre funzionato, cominciò a ritorcersi contro gli attuatori. Un’esecuzione poteva avere un effetto intimidatorio su una massa di 100 persone, ma su una di 50’000 non faceva altro che incitarla a combattere.

La crescita delle città inglesi e la maggiore polarizzazione sociale al loro interno – ovvero due cambiamenti quantitativi – avevano cominciato a produrre qualitativamente lo scoppio di nuove lotte.

Di fondamentale importanza è l’uso dello spazio esterno per la lotta di classe.

Lo spazio aperto era importante per i lavoratori, oltre che per il lavoro, esso serviva all’intrattenimento, come spazio vitale per i senzatetto ed eventualmente per la politica.

Prima di tutto, per quanto riguarda il lavoro, i mercanti di successo potevano controllare gli spazi privati ed interni, mentre chi non aveva questi mezzi doveva fare il venditore ambulante per strada. I ricchi mercanti li vedevano come dei competitori e li fecero cacciare dalla polizia.

I venditori ambulanti erano anche degli ottimi rivenditori di beni rubati per la loro mobilità e anonimità. Ma non erano solo i ladri e i borseggiatori a fare affari con questi mercanti. Anche i servi e gli schiavi della classe media rubavano dai loro padroni e passavano le merci ai rivenditori locali. (Ovviamente a New York la schiavitù fu presente fino al 1827)

La dispersione del capitale al di fuori delle accoglienti case di città fu un altro motivo che portò la classe media a richiedere l’azione contro i venditori ambulanti.

La strada era anche semplicemente il posto dove i lavoratori spendevano il loro tempo libero – perché le loro case non erano per niente accoglienti. La strada era il luogo in cui potevano fare amicizia e avere intrattenimento gratuito, e, a dipendenza del posto e del momento, potevano partecipare a correnti religiose o politiche sovversive. Lo storico marxista inglese E. P. Thomson riassunse tutto questo quando scrisse che la polizia inglese del diciannovesimo secolo era:

Imparziale, provava sempre ad allontanare dalla strada allo stesso modo venditori ambulanti, ladri, prostitute, intrattenitori, bambini che giocavano a calcio, liberi pensatori e oratori socialisti. Il pretesto più comune era che un reclamo di interruzione degli affari era stato mandato da un negoziante.

Da entrambe le parti dell’Atlantico, la maggior parte degli arresti erano legati a crimini senza vittima, o crimini contro l’ordine pubblico. Un altro storico marxista, Sidney Harring, nota:

La definizione del criminologo di “crimine contro l’ordine pubblico” arriva pericolosamente vicina alla descrizione dello storico di “attività ricreativa della classe dei lavoratori”.

La vita all’aperto era – e ancora oggi è – specialmente importante per la politica della classe operaia. I politici dominanti e i manager aziendali possono incontrarsi in privato e prendere decisioni con grandi conseguenze perché sono al comando della burocrazia e della forza lavoro. Ma quando i lavoratori si incontrano per prendere decisioni su come cambiare le cose, di solito non hanno un grande risvolto se non riescono ad ottenere supporto per strada, che sia per uno sciopero o per una dimostrazione. La strada è il punto focale della politica dei lavoratori, e la classe dominante lo sa bene. Proprio per questo la polizia controlla le strade per reprimere i sovversivi qualora manifestino la loro forza.

Ora possiamo osservare le connessioni tra le due principali forme di attività poliziesca – le pattuglie e il controllo delle folle. L’abitudine a pattugliare ogni giorno rende la polizia abituata ad utilizzare la violenza e le minacce. Questo permette di praticare gli atti repressivi più ampi che sono necessari quando i lavoratori oppressi si sollevano in gruppi più numerosi. Non è una semplice questione di far pratica con le armi e con le tattiche. I giri di pattuglia sono cruciali per creare una mentalità tra i poliziotti che li induca a pensare che la loro violenza sia per il bene superiore.

Il lavoro di ogni giorno permette anche ai comandanti di notare quali agenti sono più portati a infliggere dolore – così da metterli in prima fila quando serve. Allo stesso tempo il “poliziotto buono” che si può trovare per strada provvede alle pubbliche relazioni, come copertura per il lavoro sporco compiuto dai “poliziotti cattivi”. La pattuglia diventa ancora più utile in periodi di agitazione politica perché la polizia ha già speso tempo nei quartieri cercando di identificare i leader e i radicali.

Vediamo ora la situazione a New York.

Prima delle vere e proprie rivoluzioni, durante il periodo coloniale, la gente talvolta diventava turbolenta, ma queste rivolte erano formalizzate in modi che la élite approvava o almeno tollerava. C’erano varie celebrazioni che cadevano nella categoria della “sregolatezza”, nelle quali le posizioni sociali erano invertite e gli ordini inferiori potevano far finta di stare in alto. Questo era un modo per le classi subordinate di sopportare la loro posizione sociale prendendo in giro i loro padroni – un modo che rinforzava il diritto delle élite ad essere al potere il resto dell’anno. Questa tradizione di sregolatezza simbolica era praticata specialmente intorno a Natale e Capodanno. Pure gli schiavi potevano partecipare.

C’era anche una celebrazione annuale del “Pope Day”, durante la quale i membri della maggioranza protestante faceva una parata con delle effigi, inclusa quella del papa – per poi bruciarla alla fine.

Una piccola provocazione settaria, “per divertirsi allegramente”, tutto approvato dai padroni della città. In quel periodo, il “Pope Day” non portava a violenza contro i cattolici perché ce n’erano solo poche centinaia a New York e nemmeno una chiesa cattolica prima della rivoluzione.

Queste tradizioni delle folle erano chiassose e rivoltose, ma tendevano a rinforzare la connessione tra le classi inferiori e la élite, non a romperla.

Le classi subordinate erano anche legate alla élite da una costante supervisione personale. Questo si applicava agli schiavi e ai servi domestici, ovviamente, ma anche agli apprendisti e agli operai che vivevano nella stessa casa del loro padrone. Dunque non c’erano molte di queste persone in giro per la strada a tutte le ore.

Questa situazione fece diventare i marinai e i lavoratori degli elementi non controllati e potenzialmente sovversivi. Già nel 1638, uno storico chiamato Selden Bacon notò che la élite di New Amsterdam (la colonia olandese che diventò successivamente New York) aveva visto la necessità di dare un taglio al disordine che poteva originarsi dal lungomare:

Le prime ordinanze rintracciabili di natura poliziesca hanno a che fare con le navi nei porti, mettendo restrizioni sulla visita degli abitanti, proibendo ai marinai di rimanere a terra di notte, ordinando ai capitani di imporre queste regole. Lo scopo di queste ordinanze era quello di evitare il contrabbando e di trattenere i marinai chiassosi dall’andare in giro la notte. Tutti i lavoratori erano obbligati ad andare e tornare da lavoro ad ore prefissate e il capomastro ed i sovraintendenti dei lavoratori erano comandati di imporre queste regole. (Vol. 1, 16).

Questo è, ovviamente, un esempio di regolamentazione senza l’intervento della polizia. La élite di New Amsterdam comandava ai datori di lavoro di supervisionare i lavoratori navali nelle ore libere, come un padrone avrebbe fatto con schiavi, servi e garzoni. Le autorità coloniali notarono come i lavoratori salariati “liberi” – anche in piccoli gruppi – potessero erodere le norme di questa società patrizia. La loro risposta fu di rendere questi lavoratori meno liberi cercando di “appiccicarli” ai loro capi.

In circostanze come queste, quando la maggior parte delle persone nella colonia erano già supervisionate durante il giorno, non c’era bisogno di una forza di polizia regolare. C’era una guardia notturna che controllava la presenza di incendi, preveniva il vandalismo e arrestava ogni persona di colore che non potesse dimostrare di essere libera. La guardia non era professionale. Tutti avevano lavori diurni e a rotazione facevano la guardia, quindi non pattugliavano regolarmente – e tutti odiavano farlo. I ricchi pagavano dei sostituti per non farlo.

Di giorno, un piccolo numero di guardie erano in servizio, ma non erano di pattuglia. Erano agenti del tribunale che eseguivano citazioni in giudizio e mandati di arresto. Non si occupavano dell’investigazione. Nel 1700 e nel 1800, il sistema si basava perlopiù su informatori a cui era promessa una parte di qualunque tassa il colpevole dovesse pagare.

Il periodo rivoluzionario cambiò alcune cose nel ruolo delle folle e nella relazione tra le classi. Dopo il 1760, a partire dall’agitazione contro lo Stamp Act, la élite di mercanti e proprietari terrieri supportarono nuove forme di mobilitazione popolare. Queste erano nuove dimostrazioni e rivolte rumorose che si ispiravano alle tradizioni esistenti, ovviamente usando le effigi.

Invece di bruciare il papa, bruciavano il governatore, o re George.

Non andrò nel dettaglio su cosa facevano, ma è importante notare la composizione in classi di queste folle. I membri delle élite potevano essere lì pure loro, ma il corpo di questi gruppi erano i lavoratori qualificati, conosciuti collettivamente come meccanici [mechanics]. Questo vuol dire che un maestro partecipava insieme ai suoi apprendisti. Le persone di un alto grado sociale tendevano a considerare i padroni delle officine come i loro sostituti per mobilizzare il resto dei meccanici.

Quando il conflitto in Inghilterra si intensificò, i meccanici si radicalizzarono ulteriormente e si organizzarono indipendentemente dalla élite coloniale. C’era frizione tra i meccanici e la élite, ma non una completa rottura.

E, naturalmente, quando gli inglesi furono sconfitti e la élite costituì il proprio governo, ne aveva avuto abbastanza di tutta questa agitazione pubblica. Continuarono ad esserci delle ribellioni e rivolte nei nuovi Stati Uniti indipendenti, ma assunsero nuove forme – in parte perché lo sviluppo economico stava rompendo l’unità dei meccanici stessi.

Torniamo ora agli sviluppi successivi alla rivoluzione – cambiamenti che produssero una nuova classe lavoratrice dal miscuglio di elementi sociali in conflitto.

Già da prima della rivoluzione, la divisione tra maestri e operai si era affilata. Per capire meglio, dobbiamo guardare più vicino l’influenza del sistema delle corporazioni; le corporazioni formali non esistevano negli Stati Uniti, ma alcune delle loro tradizioni continuarono a sopravvivere tra i lavoratori esperti.

Le vecchie corporazioni erano essenzialmente cartelli, unioni di lavoratori che avevano il monopolio su una maestria particolare che gli permetteva di controllare il mercato. Potevano decidere i prezzi delle merci e addirittura quanto grande sarebbe stato il mercato.

Il mercato sotto controllo permetteva una stabilità nelle relazioni tra i lavoratori della stessa maestria. Un maestro prendeva in custodia un apprendista come servo sotto contratto dai suoi parenti ed in cambio prometteva di insegnargli un lavoro e dargli vitto e alloggio per sette anni. Gli apprendisti diventavano poi operai, ma spesso continuavano a lavorare per i loro maestri finché non c’era posto per loro come nuovi maestri. Gli operai ricevevano un salario prefissato con contratti a lungo termine. Questo voleva dire che la paga continuava ad arrivare nonostante la variazione della quantità di lavoro. Anche senza il sistema formale delle corporazioni, molto di questo insieme di relazioni fisse continuava ad esistere nel periodo pre-rivoluzionario.

Tra il 1750 e il 1850, comunque, questa struttura corporativa tra i lavoratori esperti cominciò a cadere a pezzi perché la relazione esterna – il controllo del mercato – cominciava a rompersi. La merce proveniente da altre città o da oltreoceano poteva colpire l’abilità dei maestri di decidere i prezzi, spingendo le officine a competere tra loro in un modo simile a quello odierno.

La competizione spinse i padroni a diventare più come degli imprenditori, cercando l’innovazione salva-lavoro e trattando i lavoratori come dei dipendenti salariati intercambiabili.

Le corporazioni diventarono più grandi e impersonali – più come fabbriche, con dozzine di impiegati.

Nelle prime decadi del diciannovesimo secolo, gli impiegati non solo stavano perdendo i loro contratti a lungo termine, ma anche il loro alloggio nella casa del maestro. Gli apprendisti trovarono questo un’esperienza liberatoria, dato che i giovani uomini erano liberi dall’autorità dei genitori e dei maestri. Liberi di andare e venire quando volevano, potevano incontrare delle donne giovani e crearsi una vita sociale con i loro colleghi. Le donne che lavoravano solitamente erano impiegate nel servizio domestico di diversi tipi quando non erano prostitute.

La vita all’aperto si trasformò quando questi giovani si mischiarono alla popolazione della classe lavoratrice in sviluppo.

L’incontro non era sempre pacifico. Gli immigrati irlandesi cattolici aumentarono nell’Ottocento. Nel 1829, c’erano circa 25’000 cattolici nella città – una persona ogni otto. Gli irlandesi erano segregati in quartieri, spesso vivendo insieme ai neri, che erano essi stessi il 5 per cento della popolazione. Nel 1799, i protestanti bruciarono una effigie di San Patrizio, e gli irlandesi risposero violentemente. Queste battaglie continuarono negli anni successivi, ed era chiaro agli irlandesi che i conestabili e le guardie stessero prendendo parte contro di loro.

Dunque, prima ancora che ci fossero le forze di polizia moderne, gli uomini di legge facevano discriminazione razziale. La élite della città prese nota della mancanza di rispetto per le guardie da parte degli irlandesi – la loro aperta combattività – e risposero espandendo il controllo e rendendo le pattuglie più mirate. Questo avvenne insieme ad una maggiore attenzione verso gli africani, che vivevano nelle stesse aree e spesso avevano lo stesso atteggiamento verso le autorità.

Di fondo alle divisioni razziali c’era la competizione economica, dato che i lavoratori irlandesi avevano conoscenze minori e dunque venivano pagati di meno rispetto agli artigiani. Allo stesso tempo, i maestri cercavano di abbassare l’esperienza necessaria a lavorare. In questo modo, gli apprendisti inglesi divennero parte di un vero e proprio mercato del lavoro perdendo i loro contratti a lungo termine. Quando questo avvenne, si ritrovarono un grado sopra i lavoratori irlandesi nella scala del salario. I lavoratori neri, che facevano servizio domestico o lavoravano come tuttofare, erano uno o due gradi più in basso degli irlandesi.

Allo stesso tempo, la parte non qualificata dei lavoratori stipendiati, concentrata intorno ai moli e ai cantieri, si stava espandendo perché il commercio e la costruzione si intensificarono dopo la rivoluzione.

In generale, la popolazione incrementò rapidamente. New York aveva 60’000 abitanti nel 1800, che divennero il doppio entro il 1820. Nel 1830, New York aveva più di 200’000 abitanti – e ben 312’000 nel 1840.

Nasceva così la nuova classe dei lavoratori di New York. In queste decadi, tutte le sezioni della classe agirono collettivamente per conto proprio. Nonostante sia una storia complessa a causa delle numerose azioni e della frammentazione della classe, possiamo illustrare, generalizzando, la forma più comune ed elementare di lotta – la rivolta.

Dal 1801 al 1832, i neri newyorchesi si rivoltarono quattro volte per prevenire che coloro che erano schiavi in precedenza fossero obbligati a tornare dal loro padrone fuori città. Queste sommosse perlopiù fallirono, le guardie risposero violentemente e i partecipanti ricevettero condanne inusualmente pesanti. Gli abolizionisti bianchi presero posizione contro queste rivolte. Queste rivolte illustrano attività popolare autorganizzata nonostante la disapprovazione della élite – per non menzionare la disparità razziale nell’applicazione della legge.

C’erano anche molestie da parte dei bianchi verso le chiese e i teatri frequentati dai neri, che talvolta portavano alla rivolta. Gli immigrati poveri spesso partecipavano, ma a volte anche i bianchi ricchi e i conestabili stessi. Una rivolta contro i neri infuriò per tre giorni nel 1826, danneggiando chiese e case dei neri – insieme alle case e chiese degli ambasciatori abolizionisti bianchi.

Ma non c’era solamente conflitto tra i lavoratori bianchi e neri. Nel 1802, i marinai bianchi e neri scioperarono per stipendi più alti. Come per la maggior parte degli scioperi di questo periodo, il metodo impiegato era quello che veniva chiamato “negoziazione collettiva tramite rivolta” dallo storico Eric Hobsbawm. In questo caso, gli scioperanti fermarono le navi che assumevano a stipendi bassi.

Anche gli scaricatori di porto si unirono in base a linee razziali e partigiane per scioperi militanti nel 1825 e 1828.

Le azioni degli operai specializzati solitamente non avevano bisogno di arrivare alla coercizione fisica, perché avevano il monopolio sulle arti più rilevanti.

Gli operai diventarono comunque militanti in quegli anni. Gli scioperi degli operai qualificati arrivarono in tre ondate, iniziando nel 1809, poi nel 1822 e nel 1829. Ogni ondata si faceva sempre più militante e coercitiva – prendendo di mira gli altri lavoratori che avevano rotto la solidarietà. Nel 1829, gli operai specializzati guidarono un movimento avente lo scopo di limitare la giornata lavorativa alle 10 ore e crearono il partito degli operai specializzati (Workingmen’s Party).

Il partito collassò quello stesso anno, ma portò alla fondazione della General Trade Union nel 1833.

Mentre i lavoratori stavano diventando sempre più coscienti di appartenere ad una classe sociale, cominciarono anche a partecipare a rivolte “run-of-the-mill” ovunque le folle si fossero trovate, in taverna o al teatro o in strada. Queste rivolte, pur non avendo chiari fini economici o politici, erano forme di affermazione della classe dei lavoratori – o da frazioni etniche o razziali di questa. Nelle decadi d’inizio secolo, c’era una di queste rivolte circa quattro volte all’anno, ma nel periodo tra il 1825 e il 1830, i newyorchesi si ribellarono ad un ritmo di una volta al mese.

Una di queste rivolte in particolare allarmò la élite. Durante il Capodanno del 1828, una folla rumorosa di circa 40’000 giovani lavoratori anglosassoni prese i propri tamburi e raganelle e si avviò per Broadway, dove vivevano i ricchi. L’Evening Post afferma che “procurarono un carro merci della Pennsylvania” e lo tirarono con “una corda lunga diversi metri”. Lungo la strada, presero di mira una chiesa Afroamericana e picchiarono le persone all’interno. Le guardie arrestarono molti dei rivoltosi, ma la folla li recuperò e fece scappare le guardie.

La folla acquistò partecipanti e si diresse verso il distretto commerciale, dove colpì dei negozi. Al Battery Park, ruppero le finestre di alcune delle case più costose. Dopodiché tornarono di nuovo a Broadway, dove i ricchi stavano festeggiando al City Hotel.

La strada venne bloccata in poco tempo da una folla impenetrabile, e le carrozze eleganti che portavano a casa le signore e i gentlemen, vennero ostruite e non riuscivano più a passare. L’inconveniente era così grande che gran parte delle guardie venne mandata a prendere in custodia i leader e a disperdere il resto della folla.

I direttori della rivolta chiesero una tregua di cinque minuti. Questo permise alle guardie di pensare allo scontro imminente. In quel momento, la folla stava tagliando la corda del carro merci e armando i rivoltosi in prima fila con “pezzi di circa un metro di lunghezza”.

Quando i cinque minuti furono passati, le guardie si fecero da parte e “la moltitudine passò rumorosamente e trionfante per Broadway”.

Questo spettacolo di ribellione dei lavoratori prese atto sotto la visione delle famiglie che controllavano New York City. I giornali chiedevano una grande espansione della guardia. La rivolta del 1828 – e un anno di grandi rivolte nel 1834 – accelerò un insieme di riforme incrementali che portò alla creazione del Dipartimento di Polizia di New York nel 1845.

Le riforme del 1845 allargarono la forza della polizia, professionalizzò i poliziotti e li centralizzò con una catena di comando più militarizzata. La guardia fu allungata alle 24 ore ed ai poliziotti fu vietato di prendere un secondo lavoro. La paga venne aumentata, e i poliziotti non ricevettero più parte delle multe che venivano pagate.

Questo voleva dire che gli sbirri non andavano più in giro di pattuglia per trovare un modo di guadagnarsi da mangiare, un processo che poteva portare ad una strana selezione delle persecuzioni. L’eliminazione del sistema della commissione dette maggiore libertà ai comandanti a impostare le priorità e la politica – e dunque rese il dipartimento più flessibile al cambiamento di necessità della élite economica.

Fu così che nacque la polizia newyorchese.

La storia della polizia nel Sud è chiaramente diversa.

Una delle prime forme di polizia moderna si sviluppò a Charleston, South Carolina, negli anni prima che la polizia di New York diventasse completamente professionale. I precursori della polizia di Charleston non erano guardie professionali ma uomini di pattuglia dediti al controllo degli schiavi che operavano in campagna. Come spiega uno storico, “in tutti gli stati [del Sud] prima della [Guerra civile], agenti di pattuglia armati ripulivano la campagna di giorno e di notte, intimidendo, terrorizzando, e brutalizzando gli schiavi alla sottomissione ed alla docilità”.

Queste erano solitamente forze volontarie di cittadini bianchi (spesso volontari riluttanti) che fornivano le proprie armi. Con il tempo, i padroni degli schiavi adattarono il sistema rurale alla vita di città. La popolazione di Charleston non aumentò velocemente come quella di New York. Nel 1820, c’erano ancora circa 25’000 persone – ma più della metà erano afroamericani.

Charleston era un centro commerciale, nato ai tempi del colonialismo come punto principale del South Carolina per l’esportazione dell’indaco e del riso. La città era anche uno dei principali porti per l’arrivo degli africani in vendita – direttamente dall’Africa o dalle colonie schiaviste dei Caraibi.

Dopo che il Congresso bandì l’importazione di schiavi nel 1808, Charleston divenne un grande centro per lo spostamento e la vendita degli schiavi diretti in Virginia, in North Carolina e South Carolina, in Alabama, Mississipi e Louisiana. Questi tre stati del “Deep South” avevano bisogno di un continuo flusso di lavoratori schiavizzati per sostenere la richiesta di cotone del diciannovesimo secolo. Le fabbriche tessili in Inghilterra e in New England stavano guidando la rivoluzione industriale, ed il lavoro degli schiavi nel Deep South era parte integrante del boom industriale.

Charleston non giaceva sull’asse principale di questo grande sviluppo, che era ancorato a città promettenti come New Orleans e Birmingham, in Inghilterra. Nonostante tutto, la vita di città di Charleston – sia economica che sociale – era legata allo sviluppo delle relazioni economiche con altre città portuali su entrambe le coste dell’Atlantico.

Molti dei possessori di grandi piantagioni nel South Carolina avevano una casa a Charleston, dunque i maggiori schiavisti dello stato dominavano anche la più grande città dello stato. Similmente alle classi dominanti di altre città commerciali dell’Atlantico, la élite di Charleston necessitava di una forza lavoro che poteva espandersi, contrarsi e adattarsi secondo gli alti e bassi del mercato. La schiavitù, comunque, è un metodo rigido per organizzare il lavoro, dato che gli schiavi necessitano di cibo e vestiti anche quando non c’è lavoro per loro; in tempi duri, gli schiavi diventano una spesa per il padrone.

Per questa ragione, i padroni di Charleston ed altre città schiaviste cominciarono – anche in tempi coloniali – a far lavorare gli schiavi sotto stipendio. Alcuni schiavi erano direttamente posseduti dai proprietari delle fabbriche, soprattutto nella città più industriale del Sud, Richmond. La maggior parte degli schiavi di Charleston, comunque, erano posseduti dai cittadini bianchi che li usavano per il servizio personale e facevano lavorare il resto sotto salario da un datore di lavoro. Un paio di fabbriche di riso a Charleston possedevano gli schiavi che usavano, ma affittavano anche alcuni schiavi ad altri quando le fabbriche non andavano a pieno ritmo.

All’inizio i padroni trovavano i lavori per i loro schiavi e prendevano i loro stipendi per sé. Ma molti padroni presto trovarono più conveniente lasciare i propri schiavi cercare il proprio lavoro pretendendo una tassa fissa per il tempo passato distante da loro. Un padrone poteva ottenere un ritorno annuale dal 10 al 15 percento del prezzo di acquisto dello schiavo affittandolo ad altri datori di lavoro.

Questa nuova impostazione alterò fondamentalmente la relazione tra schiavi e padroni, per non parlare delle relazioni tra gli schiavi stessi. Gli schiavi uscivano dal controllo diretto dei loro padroni per lunghi periodi di tempo, e molti schiavi potevano guadagnare per loro stessi al di là della tassa pagata al padrone. I neri di Charleston cominciarono a riferirsi alla tassa come “quota per la libertà”.

Molti afroamericani potevano permettersi di vivere da soli – trovando alloggio fuori dalle abitazioni del padrone. Gli schiavi potevano sposarsi e coabitare indipendentemente. Alcuni artigiani qualificati schiavi cominciarono addirittura ad assumere lavoratori stipendiati. Questo includeva anche le donne, che lavoravano come cucitrici e dominavano il mercato degli indumenti.

La maggior parte degli schiavi che facevano lavoro stipendiato erano uomini, comunque, che lavoravano in molti settori qualificati, lavori a breve termine non qualificati e nel trasporto di merce. Le donne, che formavano la gran parte della popolazione nera di Charleston, lavoravano come schiave domestiche.

Nelle prime decadi del diciannovesimo secolo, Charleston aveva un sobborgo di neri conosciuto come “Charleston Neck”, popolato principalmente da schiavi insieme ad alcuni uomini neri liberi. Charleston è costruita sull’estremità diretta a meridione di una penisola in mezzo a due fiumi, e i residenti erano soliti riferirsi alla parte settentrionale della penisola non incorporata con “The Neck”. Nel 1850, e sicuramente anche prima, più di un quarto dei neri di Charleston viveva senza la convivenza dei bianchi: erano liberi o schiavi che “vivevano fuori”. Fuori dalla giurisdizione della città, i proprietari dei bar ignoravano varie leggi e servivano una clientela multirazziale. La popolazione bianca del Sud, sia in città che in campagna, viveva in continua fobia di una insurrezione degli schiavi. In campagna, però, i neri erano in continua sorveglianza, e c’erano poche opportunità nell’arduo regime lavorativo per sviluppare ampie connessioni sociali. Ma a Charleston, come i bianchi ricordavano con seccatura o allarme, i neri stabilirono una vita collettiva propria. Nel 1848, più di 4’000 neri liberi e schiavi si separarono dalle chiese Metodiste di razza mista della città e costruirono un ramo della nuova chiesa “African American Episcopal” (AME) a Charleston Neck.

Dato che le condizioni nel Sud urbano erano sensibilmente più libere rispetto alle piantagioni, lo stato dovette entrare in gioco a fare il lavoro di repressione che i padroni degli schiavi prima facevano.

La guardia armata di Charleston si sviluppò, imparando dai propri errori, formando la forza di polizia moderna intorno al 1820, facendo controlli notturni ai danni dei neri e stando sempre all’erta per mobilizzarsi a controllare le folle. I neri, addirittura i neri liberi, trovati fuori casa dopo il coprifuoco senza una scusa accettabile erano soggetti ad arresto fino al giorno dopo da parte della guardia e fino a 39 frustate quando il magistrato controllava il loro caso il mattino seguente. Questa pratica veniva ancora dai tempi coloniali e rifletteva i metodi delle guardie di schiavi nei luoghi rurali. La prima grande differenza, fin dall’inizio, era che la guardia armata era una forza pagata piuttosto che un gruppo di cittadini chiamati alle armi. La guardia della città era in servizio anche durante le vacanze e la domenica, quando controllava i mercati settimanali, che erano operati principalmente da donne nere schiave. Le folle di neri, specialmente nel giorno del mercato, potevano essere turbolenti, come nota lo storico Bernard Powers:

Un cittadino bianco nel 1840 scrisse di essere “costantemente disturbato, specialmente la domenica, da folle profane e ribelli; che sfidavano ogni legge, e, se disperse da un centro, si riunivano in un altro luogo in numero ancora maggiore.”

Le autorità cittadine vedevano la chiesa AME come una pericolosa espressione di autonomia dei neri. Durante il primo anno della chiesa, il 1818, la guardia armata fece un blitz nella chiesa e arrestò 140 membri, citando una legge raramente utilizzata che proibiva la riunione di più di sette uomini neri senza la presenza dei bianchi. Sia negli stati dove vigeva la schiavitù che dove non c’era, la chiesa AME divenne velocemente un centro d’incontro importante per le discussioni dei neri per l’abolizione, anche se le congregazioni erano lontane da essere unite sulla via da prendere per la libertà.

David Walker, un membro della AME di Boston e autore, nel 1829, del militante Appeal to the Colored Citizens of the World, era probabilmente stato membro della AME di Charleston all’inizio degli anni venti del 1800.

Molte delle posizioni di Walker, incluse le argomentazioni scritturali per il diritto degli schiavi a ribellarsi e ottenere la libertà, corrispondevano al punto di vista attribuito a Denmark Vesey, un carpentiere nero libero di Charleston che fu accusato di star pianificando una insurrezione di grandi dimensioni nel 1822.

Il pericolo della rivolta mandò in panico i bianchi di Charleston. La élite cittadina, guidata dal sovrintendente, ordinò la tortura dei sospetti cospiratori, che produssero confessioni che implicarono molti altri. Entro alcune settimane, un secondo gruppo di torturati fece luce su dozzine di altre persone. Colpevoli o no – gli storici non sono d’accordo sul fatto che ci sia stato o no un complotto – Vesey e altri 34 uomini neri vennero impiccati, ed altri 27 furono esiliati.

Vesey ed altri cospiratori accusati erano stati leader nella chiesa AME. Dopo la loro esecuzione, una folla di cittadini bianchi bruciò la chiesa. I membri della congregazione continuarono ad incontrarsi segretamente fino alla guerra civile. (Dopo l’emancipazione nel 1865, il figlio di Denmark Vesey, anch’egli un carpentiere, disegnò l’edificio per la nuova chiesa AME.)

A metà del panico del 1822, i cittadini bianchi accusarono la guardia armata di negligenza e richiese la professionalizzazione e l’allargamento della forza. La guardia cominciò ad operare ventiquattr’ore su ventiquattro e fu centralizzata sotto il controllo diretto del sovrintendente. Quando il panico terminò, i legislatori abrogarono queste due misure entro qualche mese, ma approvarono l’allargamento della forza armata.

Inoltre, lo stato del South Carolina rispose all’affare Vesey costruendo una guarnigione e un arsenale a Charleston sul confine con Charleston Neck. Questo edificio, dedicato alla repressione della popolazione nera, divenne famoso come “The Citadel” – e dal 1842, ospitò l’accademia militare che ancora oggi porta questo nome. Le truppe della cittadella erano disponibili ad operare a Charleston, ma insieme ad una milizia statale conosciuta come “Neck Rangers”, aveva anche il compito di mantenere l’ordine nel Neck.

Nella metà degli anni venti dell’Ottocento, i bianchi accusarono i neri di una serie di incendi, e il concilio rispose reintegrando una piccola forza diurna, provvedendo inoltre con sei cavalli per velocizzare la comunicazione e la mobilitazione. Charleston introdusse le pattuglie di polizia ventiquattr’ore su ventiquattro tre anni prima della fondazione della polizia di Londra nel 1829.

Entro la metà degli anni trenta, i legislatori reintrodussero le leggi che erano passate inizialmente durante il panico del 1822 – la centralizzazione del governo della città (e della guardia armata) sotto un sindaco full-time. A seguire delle riforme del 1836, la città schierò una guardia di 118 persone, includendo 94 privati e 4 musicisti. La guardia notturna contava una guardia per ogni 263 abitanti, molto di più rispetto alla copertura di Boston (un agente per ogni 815 cittadini) e New York (uno per ogni 771).

La élite raggiunse una centralizzazione ancora maggiore annettendo Charleston Neck nel 1849, mettendola così sotto la giurisdizione della guardia cittadina.

Prima di questo, i Ranger e le truppe della cittadella che controllavano il Neck rappresentavano una via di mezzo tra le guardie rurali degli schiavi e la polizia moderna. Mettere il Neck sotto la giurisdizione della guardia preparò il terreno per la sostituzione completa delle ultime milizie cittadine con poliziotti in uniforme pagati dalla città.

Ancora prima del 1820, la forza armata del Sud era più militarizzata della polizia del Nord. Le guardie operavano entro una gerarchia militare con numerosi ranghi, e diversamente dalla prima polizia settentrionale, portavano con sé delle armi – con la baionetta. Nelle prime decadi del secolo, la guardia notturna di New York non usciva a pattugliare costantemente, mentre lo faceva quella di Charleston, tipicamente in gruppi di cinque o più.

Nel corso degli anni precedenti alla guerra civile, i visitatori della città scrissero spesso riguardo alla presenza unicamente intimidatoria della guardia armata.

La storia specifica delle forze di polizia varia da una città americana ad un’altra, ma tendevano tutte a convergere verso soluzioni istituzionali simili. La natura della polizia nasce dalla natura del “problema”: una popolazione urbana di lavoratori che ha sviluppato una specie di autonomia economica come lavoratori salariati o artigiani ed ha potuto quindi sviluppare una propria vita collettiva in grado di farsi valere. L’esperienza del sud inoltre rinforza l’argomento che era già chiaro nel nord: il razzismo verso i neri era integrato nella polizia americana fin dal primo giorno.

La sorveglianza poliziesca era utilizzata dalla classe dirigente per un progetto più grande di controllo e manipolazione della classe dei lavoratori. Come già notato, l’emergere delle rivolte dei lavoratori coincise con l’interruzione dei vecchi metodi per la costante supervisione della forza lavoro. Lo stato entrò in gioco per garantire il controllo. I poliziotti erano parte di questo impegno, ma nel nord, lo stato espanse anche i suoi progetti di assistenza ai poveri e istruzione pubblica.

Il lavoro della polizia era integrato con il sistema di assistenza ai poveri, dato che i conestabili lavoravano alla registrazione dei poveri e nel loro spostamento negli ospizi.

Questo anche prima che la polizia fosse professionalizzata – i poliziotti separavano i “poveri meritevoli” dai “poveri non meritevoli”. Se le persone non potevano lavorare, i conestabili le dirigevano verso la carità delle chiese o della città stessa. Ma se le persone avevano la capacità di lavorare, erano considerate “pigroni” e mandate agli orrori dei ricoveri.

Il sistema di assistenza ai poveri contribuì in modo cruciale alla creazione del mercato del lavoro salariato. La funzione chiave del sistema di soccorso dei poveri era di rendere la disoccupazione così spiacevole e umiliante da indurre le persone ad accettare i lavori ordinari con stipendi molto bassi pur di evitare la povertà. Punendo i più poveri, il capitalismo crea una linea di riferimento bassa per la scala del salario e tira in basso la scala stessa.

La polizia attualmente non ha più un ruolo così diretto nel selezionare le persone, ma di certo infligge grandi punizioni. Come sappiamo, la polizia lavora per rendere spiacevole la vita delle persone disoccupate senzatetto.

La nascita della polizia moderna coincide anche con l’ampliamento dell’istruzione pubblica. Le scuole pubbliche abituano i bambini alla disciplina del lavoro capitalistico; i bambini sono separati dalle loro famiglie per svolgere una serie di compiti insieme ad altri, sotto la direzione di una figura di autorità, secondo un programma governato da un orologio. Il movimento di riforma scolastica degli anni ’30 e ’40 mirava anche a plasmare il carattere morale degli studenti. L’effetto doveva essere che gli studenti si sottomettessero volentieri all’autorità, che fossero in grado di lavorare sodo, esercitare l’autocontrollo e ritardare la gratificazione.

Infatti, i concetti di buona cittadinanza che sono venuti fuori dal movimento di riforma della scuola sono stati perfettamente allineati con i concetti di criminologia che sono stati inventati per classificare le persone della strada. La polizia doveva concentrarsi non solo sulla criminalità, ma anche sui tipi di criminali, un metodo di profilazione sostenuto da presunte congetture scientifiche. Il concetto di “delinquente giovanile”, ad esempio, è comune alla scuola ed alla polizia e ha contribuito a collegare le due attività nella pratica.

Questa ideologia del buon cittadino avrebbe dovuto avere un grande effetto sulle menti degli studenti, incoraggiandoli a pensare che i problemi della società derivassero dalle azioni dei “cattivi”. Un obiettivo chiave della scolarizzazione, secondo il riformatore Horace Mann, dovrebbe essere quello di impiantare un certo tipo di coscienza negli studenti in modo da spingerli a controllare il proprio comportamento e a vigilarsi da soli. Secondo Mann, l’obiettivo era che i bambini “pensassero al dovere piuttosto che al poliziotto”.

Inutile dire che uno schema analitico per dividere la società tra buoni e cattivi è perfetto per identificare i capri espiatori, specialmente quelli razziali. Tale schema moralistico era (ed è) anche un diretto concorrente di una visione del mondo consapevole della classe, che identifica l’antagonismo di base della società come il conflitto tra sfruttatori e sfruttati. L’attività della polizia va così oltre la semplice repressione – “insegna” un’ideologia di buona e cattiva cittadinanza che si sposa con le lezioni della classe e del laboratorio.

Il punto generale è che l’invenzione della polizia faceva parte di una più ampia espansione dell’attività statale per ottenere il controllo sul comportamento quotidiano della classe operaia. L’istruzione, il soccorso dei poveri e il lavoro delle forze dell’ordine miravano tutti a formare lavoratori che diventassero utili e leali alla classe capitalista.

C’è la legge… e poi c’è quello che fanno i poliziotti.

In primo luogo, qualche parola sulla legge: Nonostante ciò che si può avere imparato alle lezioni di cittadinanza, la legge non è il quadro in cui la società opera. La legge è un prodotto del modo in cui opera la società, ma non ti dice come funzionano realmente le cose. La legge, inoltre, non è uno schema del modo in cui la società deve funzionare, anche se alcuni nutrono tale speranza.

La legge è in realtà solo uno strumento tra gli altri, nelle mani di coloro che sono autorizzati a usarla, per influenzare il corso degli eventi. Le imprese hanno il potere di utilizzare questo strumento perché possono assumere avvocati costosi. Anche i politici, i pubblici ministeri e la polizia sono autorizzati a ricorrere alla legge.

Ora, in particolare per quanto riguarda i poliziotti e la legge. La legge contiene molte più disposizioni di quante siano effettivamente utilizzate, per cui la loro applicazione è sempre selettiva. Ciò significa che coloro che applicano la legge stanno sempre profilando una determinata porzione della popolazione e scegliendo che tipo di comportamento vogliono cambiare. Significa anche che i poliziotti hanno un’opportunità permanente di corruzione. Se hanno discrezione su chi viene preso in consegna per un reato, possono chiedere una ricompensa per non aver preso in consegna qualcuno.

Un altro modo per vedere il divario tra la legge e ciò che i poliziotti fanno è quello di esaminare l’idea comune che la punizione inizi dopo la condanna in un tribunale. Il fatto è che chiunque abbia a che fare con i poliziotti vi dirà che la punizione inizia nel momento in cui ti mettono le mani addosso. I poliziotti possono arrestarti e metterti in prigione senza un’accusa. Questa è la punizione, e lo sanno. Questo per non parlare dell’abuso fisico che si potrebbe subire, o i modi in cui possono rovinarti, anche se non ti arrestano.

Così i poliziotti selezionano le persone ogni giorno senza un’ordinanza del tribunale, e puniscono le persone ogni giorno senza necessariamente una sentenza del tribunale. Ovviamente, quindi, alcune delle funzioni sociali chiave della polizia non sono scritte nella legge. Fanno parte della cultura della polizia che i poliziotti imparano gli uni dagli altri con incoraggiamento e pressione da parte dei loro comandanti.

Questo ci riporta ad un tema che è stato importante fin dall’inizio: La legge si occupa di reati, e gli individui sono accusati di reati. Ma la polizia è stata in realtà inventata per occuparsi di ciò che i lavoratori e i poveri sono diventati nelle loro espressioni collettive: I poliziotti si occupano delle folle, dei quartieri, di parti mirate della popolazione, di tutte le entità collettive.

Possono seguire la legge nel farlo, ma le direttive in genere vengono dai loro comandanti o dal loro istinto di poliziotti con esperienza. Le direttive politiche spesso hanno una natura collettiva, aventi l’obbiettivo di ottenere il controllo di un quartiere indisciplinato. Decidono di farlo, e poi capiscono quali leggi utilizzare.

Questo è il significato di politiche di “tolleranza zero”, politiche contro le “broken windows”, politiche che, in passato, avrebbero potuto essere state francamente definite contro i “negri ribelli”. L’obiettivo è quello di intimidire e affermare il controllo su una massa di persone agendo su alcune di esse. Tali tattiche sono state integrate nel lavoro della polizia fin dall’inizio. La legge è uno strumento da utilizzare sugli individui, ma il vero obiettivo è quello di controllare il comportamento delle masse.

Testo tradotto dall’inglese con piccole modifiche e tagli da WorksInTheory

Bibliografia:

Sulla legge e l’ordine nel Medioevo:
Tigar, Michael. Law and the Rise of Capitalism. New York: Monthly Review Press, 2000.

Sul proletariato e la polizia in Inghilterra:

Thompson, E. P. The Making of the English Working Class. Vintage, 1966.

Farrell, Audrey. Crime, Class and Corruption. Bookmarks, 1995.

Riguardo alla storia negli Stati Uniti e un approfondimento delle funzioni della polizia:

Williams, Kristian. Our Enemies in Blue: Police and Power in America. Revised Edition. South End Press, 2007.

Silberman, Charles E. Criminal Violence, Criminal Justice. First Edition. New York: Vintage, 1980.

La principale fonte sull’evoluzione della polizia nelle maggiori città statunitensi:

Bacon, Selden Daskam. The Early Development of American Municipal Police: A Study of the Evolution of Formal Controls in a Changing Society. Two volumes. University Microfilms, 1939.

Fonti specifiche riguardo New York e Philadelphia:

New Year’s Amusements, New York Evening Post, 2 Gennaio, 1828.

Gilje, Paul A. The Road to Mobocracy: Popular Disorder in New York City, 1763-1834. The University of North Carolina Press, 1987.

Steinberg, Allen. The Transformation of Criminal Justice: Philadelphia, 1800-1880. 1st edition. Chapel Hill: The University of North Carolina Press, 1989.

Fonti specifiche sul Sud degli Stati Uniti:

Chapman, Anne W. “Inadequacies of the 1848 Charleston Census,” The South Carolina Historical Magazine, vol. 81, No. 1 (January 1980), 24-34.

Hinks, Peter P. To Awaken My Afflicted Brethren: David Walker and the Problem of Antebellum Slave Resistance. Pennsylvania State University Press, 1996.

Powers, Bernard E. Black Charlestonians: A Social History, 1822-1885. University of Arkansas Press, 1994.

Schweninger, Loren. “Slave independence and enterprise in South Carolina, 1780–1865,” The South Carolina Historical Magazine, vol. 93, No. 2 (April 1992), 101–125.

Wade, Richard C. Slavery in the Cities: The South 1820–1860. Oxford University Press, 1964.

Sui primi anni di istruzione pubblica negli Stati Uniti:

Bowles, Samuel, and Herbert Gintis. Schooling In Capitalist America: Educational Reform and the Contradictions of Economic Life. Reprint. Haymarket Books, 2011.